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Santa Maria Goretti, prega per noi!

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Dal Discorso del Papa ai giovani di Torino (21 giugno 2015):

Così Chiara, risponderò a quella tua domanda: “Spesso ci sentiamo delusi proprio nell’amore. In che cosa consiste la grandezza dell’amore di Gesù? Come possiamo sperimentare il suo amore?”. E adesso, io so che voi siete buoni e mi permetterete di parlare con sincerità. Io non vorrei fare il moralista ma vorrei dire una parola che non piace, una parola impopolare. Anche il Papa alcune volte deve rischiare sulle cose per dire la verità. L’amore è nelle opere, nel comunicare, ma l’amore è molto rispettoso delle persone, non usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarsela bene, fare la bella vita, io vi dico: siate casti, siate casti.

Tutti noi nella vita siamo passati per momenti in cui questa virtù è molto difficile, ma è proprio la via di un amore genuino, di un amore che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro per il proprio piacere. E’ un amore che considera sacra la vita dell’altra persona: io ti rispetto, io non voglio usarti, io non voglio usarti. Non è facile. Tutti sappiamo le difficoltà per superare questa concezione “facilista” ed edonista dell’amore. Perdonatemi se dico una cosa che voi non vi aspettavate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente.

E da questo ricaviamo una conseguenza: se l’amore è rispettoso, se l’amore è nelle opere, se l’amore è nel comunicare, l’amore si sacrifica per gli altri. Guardate l’amore dei genitori, di tante mamme, di tanti papà che al mattino arrivano al lavoro stanchi perché non hanno dormito bene per curare il proprio figlio ammalato, questo è amore! Questo è rispetto. Questo non è passarsela bene. Questo è - andiamo su un’altra parola chiave – questo è “servizio”. L’amore è servizio. E’ servire gli altri. Quando Gesù dopo la lavanda dei piedi ha spiegato il gesto agli Apostoli, ha insegnato che noi siamo fatti per servirci l’uno all’altro, e se io dico che amo e non servo l’altro, non aiuto l’altro, non lo faccio andare avanti, non mi sacrifico per l’altro, questo non è amore. Avete portato la Croce [la Croce delle G.M.G.]: lì è il segno dell’amore. Quella storia di amore di Dio coinvolto con le opere e con il dialogo, con il rispetto, col perdono, con la pazienza durante tanti secoli di storia col suo popolo, finisce lì: suo Figlio sulla croce, il servizio più grande, che è dare la vita, sacrificarsi, aiutare gli altri. Non è facile parlare d’amore, non è facile vivere l’amore. Ma con queste cose che ho risposto, Chiara, credo che ti ho aiutato in qualcosa, nelle domande che tu mi facevi. Non so, spero che ti siano di utilità.

I piedi di Maria

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La Madonna Miracolosa, detta "dei viandanti". La chiesetta è posta in una zona dominata da prati e piante, a ridosso di una ripa e si affaccia sulla strada principale.
 
La pianta del piccolo tempio è a croce greca ed i due bracci fungono da campatine laterali dove si aprono gli ingressi.
 
 
 
 
La facciata è preceduta da un portico con sei arcate e da altre due arcate laterali, tutto in muratura, su colonne in pietra di Sarnico che poggiano su un muretto.
Alla chiesa si accede mediante due porte situate ai lati di una grande finestra trifora, contornata in pietra viva e protetta da un'inferriata seicentesca.
Sotto il presbiterio si accede allo scurolo, dove, sopra ad una pietra protetta da vetro, sono visibili due impronte attribuite alla Vergine.
 
Il Santuario ricorda il fatto miracoloso avvenuto il 2 luglio 1533, quando la Vergine apparve ai carbonai ed ai boscaioli assaliti dai briganti. Secondo la tradizione, una luce splendente mise in fuga i malviventi. Il Santuario fu eretto per espressa richiesta della Vergine nel 1544. All'interno del Santuario è custodito un affresco del '400 con l'immagine della Madonna che tiene tra le braccia il Bambino; ai lati vi sono San Sebastiano e San Rocco, protettori degli appestati.
 

La vita di S. Maria Goretti (un video)

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Un documentario per approfondire gli aspetti della vita di Santa Maria Goretti, venerata nel Santuario di Nettuno.

Apostolo del Prezioso Sangue!

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acquistabile presso Primavera Missionaria


Non posso, non debbo, non voglio!

Prima parte





Seconda parte


Mater humani generis, ora pro nobis!

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Progettato dall’arch. Piacentino Carlo Felice Cattadori, fu eretto nel 1958, per volere dell’allora parroco Don Andrea Mutti, e consacrato il 7 maggio 1961, costruito su due piani, sorge sul luogo dell’eccidio di nove civili inermi, il 30 luglio 1944, da appartenenti alle forze armate tedesche.
 
 
 

 La cripta sottostante è dedicata alle vittime civili della seconda guerra mondiale della provincia di Piacenza, i cui nomi sono scolpiti su lastre di marmo, arde perennemente una fiaccola che fu accesa a Roma nelle Fosse Ardeatine.

Nella parte superiore del Santuario è collocata la statua della Madonna “Madre delle Genti” che fu benedetta nel 1958 in San Pietro dal Pontefice Pio XII e solennemente incoronata nel 1962. La statua lignea, scolpita ad Ortisei dallo scultore Giuseppe Runggaldier, rappresenta la Madonna nell’atto di stendere le mani, in segno di protezione, su una famiglia inginocchiata ai suoi piedi.
 
Interessante è leggere l'Enciclica del Venerabile Pio XII "Humani generis" del 12 agosto 1950, per capire l'edificazione del Santuario di Stra'.
 

Martedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari) – San Camillo de Lellis

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“Concepì e partorì un figlio…”
Camilla de Compellis, che lo aveva partorito a quasi 60 anni di età e morì quando Camillo aveva 13 anni.
Il padre, Giovanni, era un ufficiale al servizio della Spagna.
Camillo, giovane pigro e rissoso, il padre decise di avviarlo alla carriera militare. Ma, nel 1570, un'ulcera al piede lo costrinse ad abbandonare la compagnia.
Per farsi curare fu costretto a recarsi a Roma, nell'Ospedale di san Giacomo degli Incurabili. Dopo la guarigione venne assunto come inserviente presso l'ospedale, ma l'esperienza fu breve: per la sua scarsa propensione al lavoro, venne allontanato.
Intanto il padre era morto. Tornò a dedicarsi alle armi, come soldato di ventura, mettendosi a servizio, prima di Venezia, poi della Spagna. Ma presto tornò a condurre una vita dissoluta.

Così infatti prega il salmista:
“Affondo in un abisso di fango, non ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge”.
 
“Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo”.

Come Mosè, anche Camillo, è nella Misericordia di Dio, affidato.
Iniziò a vagabondare per l'Italia, fino a quando non venne assunto dai Cappuccini del convento di Manfredonia. È qui che iniziò il suo percorso verso la conversione.

“Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite”

Scrive il Cardinal Giacomo Biffi nella piccolo opuscolo l’ABC della fede:
Nel pomeriggio del Venerdì Santo sulla collina del Calvario ci sono tre crocifissi …. La raffigurazione più eloquente dell’intera vicenda umana.
C’è appeso alla croce il Figlio di Dio fatto uomo, che porta a compimento la sua missione e viene costituito così principio di rinnovamento del mondo.
C’è il malfattore pentito che con un breve ma intenso atto di fede, si assimila interiormente a Cristo e raggiunge una salvezza insperata.
Ma c’è anche il malfattore ribelle … siamo tutti rappresentati in questa scena… possiamo decidere di credere, vale a dire affidarci al disegno del Padre che ci vuole conformi all’immagine del Figlio suo; e così, nelle nostre immancabili sofferenze, diventiamo in Gesù comprincipio della redenzione.
 

Ma torniamo a Camillo.
A Manfredonia nel 1575 decise di abbracciare la vita religiosa e di diventare un frate cappuccino …. Ma l'antica piaga al piede tornò a dargli problemi: fu così costretto a tornare a Roma per curarsi.
 

“Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l’ho tratto dalle acque!»”.
Camillo, malato dalla piaga, rimase nell'ospedale degli Incurabili per ben quattro anni. Qui maturò definitivamente la sua vocazione all'assistenza dei malati e, insieme con i primi cinque compagni che, seguendo il suo esempio, si erano consacrati alla cura degli infermi, decise di dare vita, nell'agosto del 1582 alla "Compagnia dei Ministri degli Infermi", detti popolarmente “Camilliani”, quella con l’abito nero ed una grande croce di panno rosso cucita sul petto.

“per tre ragioni piacque al padre nostro che portassimo la Croce né vestimenti, tenendola per nostra impresa e insegna. La prima per far distinzione dall’abito della Compagnia di Gesù. La seconda per far conoscere al mondo che tutti noi segnati di questo impronto di Croce siamo come schiavi venduti e dedicati per servigio dè poveri infermi. E la terza per dimostrare che questa è religione di croce, cioè di morte, di patimenti e di fatica, acciò quelli che vorranno seguitar il nostro modo di vita, si presuppongano di venir ad abbracciare la Croce, di abnegar se stessi e di seguitar Giesù Cristo fino alla morte”.(1620, Padre Sanzio Cicatelli)

La croce era per distinguersi dagli altri religiosi; la croce era per dire che il Camilliano è segnato dalla Croce e come Gesù venduto per la salvezza degli uomini, che nei Camilliani si eprime nell’opera di Misericordia al servizio degli infermi; la croce sul petto è memoria di morire a se stessi per far vivere in se Cristo in Lui essere Samaritani delle umane sofferenze.

Scrive ancora il Cardinal Biffi:
“… purtroppo possiamo anche decidere di non credere perché siamo liberi di fronte all’atto di fede. Non siamo invece di schiodarci dalla crocedi un’esistenza che non è mai senza pena”.

Abbiamo pregato con il Salmo:
Io sono povero e sofferente: la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro. Loderò il nome di Dio con un canto, lo magnificherò con un ringraziamento.

Camillo servi i poveri infermi fino alla morte. Il suo cuore– il cuore che è tanto ha amato – è conversato intatto e incorrotto nel suo paese di Bucchianico.
Come per Camillo di Lellis
“Il Signore ci aiuti a scegliere bene.
Allora il nostro Venerdì Santo sfocerà nella Pasqua di gioia e di gloria.
Perché questa è la fede: ripercorrere sino in fondo, sino al lieto fine, la vicenda salvifica del Crocifisso Risorto”.(Card. Biffi). Amen.

San Pantaleone, prega per noi!

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

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«Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».

La fame fa mormorare oppure sono le insicurezze che sconvolgono il quieto vivere?

Il popolo di Israele era schiavo, ma sazio; non libero ma appagato nel quieto vivere.

Gli eventi di insicurezza di questo tempo ci fanno mormorare, ci fanno brontolare su tutto, tanto che rimpiangiamo ciò che avevamo anche se era nel male.

Perché per il popolo di Israele vale più il quieto vivere che la felicità conquistata con libertà obbedendo alla verità.

Il nostro quieto vivere ci rende ciechi di fronte alla realtà o forse facciamo i sordi, i ciechi, solo perché accomodati e accomodanti nel nostro quieto vivere.

Eppure la nostra vita ha sempre fame, e quando non è sazia fa guerra!

Afferma Susanna Tamaro in una intervista:

Dobbiamo decidere di combattere l’oscurità. Essere consapevoli del male significa opporvi resistenza; opporre resistenza significa conoscere se stessi. La vita è un combattimento continuo. Molto più divertente una vita in cui si combatte, no? Per diventare buoni bisogna riconoscere il male.

Solo Mosè ebbe il coraggio di combattere il male, lui che aveva, ahimè scoperto l’oscurità nella sua persona e la sua capacità di fare il male (ricordate quanto uccide un egiziano!).

Afferma ancora la Tamaro:

Il mondo della fede affronta le tenebre, non è un mondo fatto di sorrisini e applausi ai funerali.

Sorrisini e applausi: quasi che il vogliamoci bene, vino e taralli, oppure spumante e panettone, seduti intorno al tavolo vincono il male, affrontano il tenebre.

Oppure che gli applausi ad un funerale siano il segno della fede di chi crede in un mondo migliore, di chi crede all’eternità, o come dice qualcuno segno che abbiamo voluto bene al defunto?

Sì, non sapevo io che un dei segni culturali della nostra fede siano gli applausi ai funerali!

Non è invece segno di una assuefazione alla mondanità imperante gettato via lo stile di Cristo?

Gesù alla morte della figlia di Giàiro, a quella di Lazzaro, a quella del figlio della vedova di Nain, fa l’applauso?

Dice San Paolo:vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri. Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù.

Stiamo diventando dei neopagani, pian piano, in modo subodoro, per sfamare la fame che la vita ci propone.

«Signore, dacci sempre questo pane».

Sfamaci Signore, perché non abbiamo a cercare surrogati per la fame che annida nel nostro cuore!

È il confronto tra un risotto fatto con il brodo di carne e un risotto fatto con la busta e un po’ d’acqua!

La nostra vita non deve malamente sfamarsi, deve fare fatica nel nutrirsi, perché il “buon mangiare” non crea rimpianto.

Ma anche è vero che il “buon mangiare” costa fatica!

Capite! Se io mangio tanto e a sazietà ma non sono libero, non sono felice, non sono nel bene, non è un “buon mangiare”.
 




In un mondo dove sfamarsi, almeno per noi, non costa fatica, e dove lo spreco del cibo non tiene conto della fatica della fame altrui, ricordaci Signore: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Sfamaci Signore, perché a nostra volta possiamo essere dispensatori di Verità, di Vita e di Eternità.

Amen.

Beato Flaviano Michele Melki, prega per noi!

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8 agosto 2015. Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante il martirio del Servo di Dio Flaviano Michele Melki (al secolo: Giacomo), della Fraternità di Sant’Efrem, Vescovo di Djézireh dei Siri; nato nel 1858 a Kalaat Mara (attuale Turchia) e ucciso in odio alla fede a Djézireh (attuale Turchia) il 29 agosto 1915.

Perchè si formi l'unico volto del Cristo!

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"Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale ... ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l'unico volto del Cristo."
 
Beato Giuseppe Puglisi (Palermo 1937 - 1993), sacerdote martire

La vergine di Osoppo

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Pala di Pellegrino di San Daniele (particolare)
 
L’Italia. Terra meravigliosa, ricca di storia, con le sue vestigia, i suoi monumenti e i suoi personaggi.

Osoppo, piccola cittadina a nord di Udine, sulla strada che porta a Tarvisio, e quindi all’Austria, custodisce la sua storia.

Pieve di Santa Maria ad Nives

In Osoppo la chiesa madre è la pieve di Santa Maria ad Nives, con la deliziosa pala del Pellegrino di San Daniele (una delle più belle ed importanti del Friuli Venezia Giulia).

Pala di Pellegrino di San Daniele


La bella pala raffigura la Madonna con Bambino in trono tra i santi Pietro, Colomba, Giovanni Battista, Ermacora, Maddalena e Giacomo.
 

santino (unico) del 1927


Colomba qui raffigurata non è la martire di Sens, ma è la vergine di Osoppo.

altare di Santa Colomba vergine osoppana


La cui lapide sepolcrale di S. Colomba – custodita in parrocchia - risalente al 524, resta la più chiara documentazione dell’esistenza della vergine osoppana morta all’età di novant’anni.

Pieve di Santa Maria ad Nives (interno)

La vergine osoppana, di cui rimane il sacro teschio, custodito e venerato, è celebrata con processione la prima domenica di luglio.

Chiara d'Assisi e il volto umano della televisione

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Di Osvaldo Rinaldi
Roma, (ZENIT.org)
La Chiesa celebra oggi la luminosa figura di Chiara d'Assisi, una grande santa associata da sempre alla persona di San Francesco . La lettura e la conoscenza della storia di santi ha sempre da insegnare ai nostri giorni: il contesto storico della vita del santo è il paradigma per cogliere le virtù che ha sviluppato per mezzo della sua umiltà e della grazia di Dio.
Chiara nasce ad Assisi nel 1194, dalla nobile e ricca famiglia degli Offreducci, conducendo una vita nel benessere. Una vita che evidentemente non ha appagato il desiderio dell'anima della giovane, che rimase affascinata all’età di 12 anni dal gesto di Francesco di spogliarsi dei suoi abiti lussuosi e di ogni bene, davanti al padre Bernardone, per vivere in pienezza il messaggio evangelico. La spogliazione di Francesco aveva acceso il cuore di Chiara che, sette anni dopo, decise di associarsi a lui, che quindi decise di tagliarle i capelli e di farle indossare il saio come segno di povertà, umiltà e penitenza. Il padre tentò di convincerla di ritornare a casa, ma il tentativo fu inutile.
La scelta di Chiara trascinò dapprima sua sorella Agnese, poi l'altra sorella Beatrice ed infine una cinquantina di ragazze attratte da quell’ideale di vita evangelica. Infine anche la mamma di Chiara, Ortolana, entrerà in convento. La vita delle “clarisse” era contrassegnata da lavoro, preghiera e servizio per tutti, specialmente i più poveri ed emarginati della società.
Chiara morì l’11 agosto 1253, ad Assisi. A soli due anni dalla morte, Papa Alessandro IV la proclamò Santa. Pio XII, il 14 febbraio 1958, proclamò Chiara patrona della televisione e delle telecomunicazioni, perché la prima discepola di San Francesco, nella notte di Natale del 1252, ebbe la grazia di poter vedere dalla sua cella la celebrazione che si svolgeva in Chiesa.
Quanto ha da insegnare la vita di Santa Chiara di Assisi alle donne e agli uomini del nostro tempo? La sua scelta di vita appare anacronistica e austera per una società dove le parole "rinunzia, sacrificio e solidarietà" sono bandite dal linguaggio comune. La mentalità comune è quella di considerare il progresso e l’emancipazione come unico diritto alla libertà inividuale senza considerare una verità superiore da seguire.
Chiara insegna a tutte le giovani donne a perseverare nella loro scelta, anche se essa viene osteggiata dai genitori. Lei ha ritenuto la chiamata della vocazione una evidente espressione della volontà di Dio, da anteporre al volere del padre terreno. Le nuove generazioni stanno riscoprendo il senso religioso a causa della crisi economica, del malessere di una società che esclude i giovani, e delle dolorose testimonianze degli adulti sulla insensatezza di una vita senza Dio. La testimonianza di Chiara può aiutare a sentirsi sostenuti quando si dovessero verificare alcune incomprensioni con i genitori per alcune scelte di vita a causa della fede.
Chiara è stata eletta patrona della televisione, perché vuole insegnarci uno stile solidale e proficuo dell’uso di questo diffuso mezzo di comunicazione. Gli ultimi decenni ci hanno dimostrato che la televisione ha il potere di influenzare le coscienze, la mentalità ed i costumi delle singole persone e dell’intera collettività. Il consumismo dei nostri tempi è una conseguenza diretta delle martellanti campagne pubblicitarie, che invitano ad acquistare prodotti anche senza una reale necessità. Il divorzio, l’aborto e l’eutanasia, l'ideologia dei gender sono atteggiamenti che vengono normalizzati e divulgati dalle televisioni con l’oscuro intento d’influenzare la cultura e l’opinione pubblica.
Quanto è importante avere una buona televisione che promuova l’educazione umana e scolastica! Una televisione che proponga il dialogo e non lo scontro tra opinionisti; una televisione che aiuti le persone a cercare un lavoro, che sostenga iniziative a favore dei poveri, degli esclusi e degli ammalati della società. Una televisione che affronti le questioni etiche dei nostri tempi con chiarezza, competenza e trasparenza. Come vorrebbe la sua patrona.

Cina: probabile ordinazione di un secondo vescovo con approvazione pontificia

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 Di Redazione
Roma, (ZENIT.org)
Sarebbe in preparazione in Cina, in questi giorni, la consacrazione di un secondo vescovo con il "consenso parallelo", cioè con l'approvazione della Santa Sede. Secondo indiscrezioni raccolte dall'agenzia Reuters, si tratterebbe di padre Cosmo Ji Chengyi della diocesi di Zhumadian, nella provincia di Henan, dove, lo scorso 4 agosto, era stato ordinato mons. Joseph Zhang Yinlin, 44 anni, nuovo vescovo coadiutore di Anyang.  
Alla funzione era presente anche Cosmo Ji Chengyi, e già da giorni si parla di una sua imminente consacrazione episcopale. Secondo Anthony Lam, ricercatore senior presso il Holy Spirit Study Centre, un organo della diocesi di Hong Kong, entrambe queste ordinazioni sono "un buon segno di una maggiore apertura da parte del governo cinese".
Se nella provincia di Henan si respira quindi un'aria di distensione, ben diverso è il clima nella diocesi Wenzhou, dove il clero cattolico, attraverso una Lettera aperta - riportata integralmente dall'agenzia Asia News- ha esortato i cristiani e i cittadini cinesi a non rimanere più in silenzio e dire basta a tutti i soprusi. 
In particolare i sacerdoti di Wenzhou, nel documento pubblicato a fine luglio, lanciano l'allarme per la campagna avviata lo scorso anno dal governo della provincia del Zhejiang, col titolo “Tre rettifiche e una demolizione”, che ha subìto nel tempo un netto peggioramento fino a diventare "un chiaro tentativo di abbattere le croci da ogni singola chiesa".
Attraverso questa iniziativa, infatti, i funzionari comunisti "agiscono per vendetta” e abusano dei propri diritti e delle proprie prerogative. Perciò “vanno portati davanti alla giustizia prima che il pacifico sviluppo della Cina venga una volta di più messo a rischio”, scrive il clero cattolico. Rimarca, quindi, che per questa “giusta causa”, ovvero proteggere il simbolo sacro del cristianesimo, “è pronto a tutto, anche a morire”.  
"In quanto individui con i diritti umani concessi da Dio, ogni singola persona ha la libertà di credere - si legge nella lettera -. Per salvaguardare la croce e preservare il nostro basilare diritto alla libertà di credo, continueremo a vigilare e difenderci l’un l’altro, approntando una resistenza razionale e ragionevole".
Il desiderio, come cittadini della Cina, è di "una democrazia più profonda e più inclusiva", e di "uno stato di diritto". "Come figli e figlie della Cina - scrivono ancora i sacerdoti - tutti noi aneliamo a una situazione di pace e stabilità a lungo termine. Non possiamo in alcun modo tornare indietro là dove 'la gente ordinaria soffre sia in tempo di prosperità che di crisi'; non permetteremo a nessuno di andare contro lo sviluppo armonioso".
"Abbiamo desiderato per tanto tempo una situazione culturale, religiosa e sociale che fosse tollerante, nella quale adattare la religione cristiana alla cultura cinese", è scritto ancora. "Le autorità della provincia del Zhejiang hanno demolito le croci per vendetta. È questo il vostro modo di intendere la 'cinesizzazione della religione' annunciata qualche tempo fa da Xi Jinping?".
Quindi il grido conclusivo, innalzato "per la libertà di religione, per la dignità della legge, per il continuo sviluppo della Cina, per il benessere a lungo termine del popolo cinese, tutti i credenti attraverso tutta la Cina, quelle decine di milioni riempite dal senso di giustizia". "Basta rimanere in silenzio! Gridiamo!".

Assunzione di Maria al Cielo (2015)

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Assunzione di Maria al Cielo
tra i Santi Bartolomeo,
Osvaldo e Giovanni Battista
Osoppo (UD)

Tutti sono mortali, cioè, per ciascuno viene il giorno della morte. Nessuno vive per sempre. La medicina moderna e la tecnologia riusciranno forse a prolungare la vita fino a ottanta, novanta, o anche cento anni, ma, prima o poi, la sorte di ogni essere umano è quella di morire. La morte è un evento a cui nessuno riesce a sfuggire.

Però con la risurrezione di Gesù, Dio ha trasformato ciò che era corruttibile e mortale in incorruttibile e immortale.

Celebriamo oggi l’Assunzione di Maria. Alla fine del suo passaggio sulla terra, la Madre del Redentore, preservata dal peccato e dalla corruzione, è stata elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio, in Cielo, in Dio.

La tomba vuota di Maria, immagine della tomba vuota di Gesù, significa e prelude alla vittoria totale del Dio della vita sulla morte, quando alla fine del mondo farà sorgere in vita eterna la morte corporale di ognuno di noi unita a quella di Cristo.

Celebrare l’Assunzione di Maria significa celebrare la vittoria della Pasqua di Gesù.Credere in questa vittoria della Vita sulla morte, del Bene sul male.

Credere nel destino buono che in Cristo, Dio ha per ogni uomo, iniziando in primis con la più bella creatura: Maria.

Viviamo la vita che il Signore ci ha donato, non in attesa della morte, ma come vittoria sul male, ma come?

Come Maria, che ha vissuto rimanendo in Dio.

Con il corpo, con la mente, con il cuore e con l’anima, tutto in Lei era già di Dio su questa terra, per poi essere tutto di Dio e in Dio in Cielo.

Amen.

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

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San Rocco de la Croix
Osoppo (UD)

Noi possiamo fare la spesa per sfamarci dove vogliamo. Nutrici ad esempio di carne italiana o di carne importata, sfamandoci con intelligenza e con o senza risparmio. Cioè alimentandoci di Cristo o di surrogati di Verità, di Vita e di Speranza.

Noi possiamo stare in una tavola di lamentosi, che si lamentano se non è ben cotto, se è troppo cotto, se è troppo al sangue, ecc… cioè alimentandoci alla mensa in Cristo o ad una mensa senza Speranza, Vita e Verità.

Noi siamo ciò di cui ci nutriamo. Se il nostro banchettare è insano, noi siamo causa dei nostri problemi di colesterolo, di trigliceridi e di glicemia, con tutte le conseguenze affini. Certo alcune volte è il nostro corpo che male reagisce al cibo o il cibo male reagisce con il corpo.

se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita

La salute del corpoè altro rispetto alla salute dell’anima, esiste una linfa vitale per vivere un vita in pienezza.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Come nutro la vita di grazia che il Signore mi invita a vivere?

Come nutro la vita nuova che il Signore ha inaugurato con la sua Pasqua?

Come nutro la vita eterna che il Signore mi ha donato con la sua Pasqua?

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui

Come noi sprechiamo tanto cibo per il corpo, così noi sprechiamo tanto cibo per l’anima.

La tanta Eucarestia ricevuta, la tanta Parola di Dio ascoltata e letta è spesso uno scarto e non un nutrimento.

Rimaniamo in Gesù affinché egli sia in noi!

Oggi 16 agosto la Chiesa ci propone un “nutrizionista” del XIII secolo: Rocco di Montpellier.

Nutrito alla vera fede nella sua casa; nutrito dal pane della provvidenza durante il suo pellegrinare per l’Europa; nutrito dal pane del miracolo durante la sua malattia; fu nutrimento di compassione e di carità nel suo essere uomo tra gli uomini, malato tra i malati, segno del Regno di Dio tra gli uomini.

Concludo con un pensiero

"Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale ... ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l'unico volto del Cristo."Beato Giuseppe Puglisi

Amen.

Indonesia: estremisti islamici bloccano costruzione chiesa S. Chiara

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Di Redazione
Roma, (ZENIT.org)
Gruppi di estremisti islamici sono riusciti ad ottenere il blocco della costruzione della chiesa parrocchiale di S. Chiara nel distretto di Bekasi (West Java), dopo una massiccia manifestazione durata tutta la giornata di ieri. I dimostranti affermano che la comunità cattolica non ha il permesso di costruzione.
Quando il sindaco di Bekasi, Rahmat Effendi, ha mostrato il permesso, lo hanno accusato di averlo formulato dietro pagamento di tangenti. L’accusa è stata rifiutata dall’amministrazione di Bekasi, ma per il momento, Effendi ha consigliato ai cristiani di fermare la costruzione della chiesa. Per “minimizzare le tensioni” i cattolici celebreranno le messe domenicali in un edificio di proprietà dell’esercito.
Come ricorda AsiaNews, dal 2006, il permesso per costruire chiese (IMB, Izin Mendirikan Bangunan) in Indonesia è divenuto molto complicato. Secondo un decreto congiunto del ministero per gli affari religiosi e quello degli interni, per essere approvato, ogni progetto di chiesa deve avere la firma di almeno 90 fedeli e deve essere sostenuto da almeno 60 firmatari residenti nell’area, approvati dal capo villaggio.
La parrocchia di S. Chiara – che aspettava il permesso da 17 anni - ha ottenuto tutte queste firme e l’IMB è stato concesso lo scorso 28 luglio, ma da allora, gruppi di estremisti islamici esigono che il piano di costruzione della chiesa sia smantellato, soprattutto a North Bekasi, città costituita solo da “pii musulmani”. 
Emmanuel Dapa Loka, uno dei parrocchiani e scrittore, dichiara ad AsiaNews: “Sono stato coinvolto di persona nel processo dell’ottenimento dell’IMB. Il comitato per la costruzione della chiesa ha compiuto con diligenza tutte le procedure legali. Tutti i documenti, comprese le firme dei vicini, sono stati compilati con professionalità; le loro lettere di sostegno  sono state stilate sotto la guida del ministero locale per gli affari religiosi e hanno ricevuto il sigillo ufficiale”.
“Il comitato di verifica  interreligioso – continua – e i rappresentanti del ministero degli affari religiosi di Bekasi sono venuti a visitare il luogo dove sorgerà la chiesa” che servirà almeno 9mila fedeli. Per tutto ciò, Emmanuel conclude che le accuse dei dimostranti sono false. Simili lamentele sono un cliché usato da gruppi estremisti per fermare lo sviluppo delle comunità cristiane.

Ricordi di un viaggio...

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L'estate 2015 mi ha visto tra il Friuli e la provincia di Viterbo, circa 15 giorni stupendi. Tra luglio e agosto.
L'Italia è proprio bella!
La Tuscia viterbese è incantevole, e il Friuli è una regione spettacolare.
Arte, storia, fede, amor di Patria ecco gli ingrediente dell'estate 2015.

La musica che mi ha accompagnato è questa...




Filippo Neviani

 


 
Giusy Ferreri
 
 
 
 
Mengoni
 
 
 
 
Deorro
 
 
 
 
Malika Ayane
 
 
 
 
Madcon




 
Tiziano Ferro
 
 
 
The Kolors
(incubo!!!)
 
 
 
 
Lorenzo Fragola
(canzonetta!!!! video da maleducati!!!!)
 
 
 
In Tuscia ho dormito a Bagnoregio (VT) presso "La Loggetta" - in centro, un B&B dove mi sentivo a casa - ed ho mangiato presso il "Ripi&go".
 
 



Una parola va spesa per il "Ripi&go". Delizioso luogo! Pizza meravigliosa... da primato, per gusto e digeribilità! Costi super ottimi. La pizza preferita: Civita.

Poi non parliamo degli spaghetti alla carbonara, della trippa alla viterbese, o del coniglio porchettato .... che dire! Non ci sono parole.





Mentre in Friuli ho dormito presso Stop & Sleep - Udine, Viale Europa Unita 101 - e ho mangiato in giro, senza un punto fisso, visto che non ho trovato un vero locale per mangiare secondo la cucina locale. Un grazie grande alla Signora Raimonda di Stop & Sleep.


Stop & Sleep
camera Roma




"Sono lieto ..."

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Sono lieto perchè in una età in cui molti hanno vergogna di dirsi cattolici, molti altri prendono a catafascio Dio, fede, rivelazione, culto e ministri, di tutto discorrono con beffarda empietà, tutto negano e volgono a derisione ed a scherno, non rispettando nemmeno il santuario della coscienza; è impossibile che di fronte a queste manifestazioni del soprannaturale, per quanto cerchino di chiudere gli occhi in faccia al sole che li illumina, un raggio divino non li penetri, e, non fosse altro, per la via del rimorso li riconduca alla fede.

Sono lieto, perché la virtù di questi eroi deve rianimare i fiacchi ed i paurosi nella pratica della dottrina e credenza cristiana e renderli forti nella fede. Il coraggio infatti non ha la sua ragione di essere se non in quanto ha per fondamento una convinzione. La volontà è una potenza cieca, quando non è illuminata dalla intelligenza; né si può camminare con piè sicuro fra le tenebre. Ma se la generazione attuale ha tutte le incertezze e i dubbi dell'uomo che va a tentoni, è segno evidente che non si fa più tesoro della parola di Dio, che è lucerna che guida i nostri passi, e luce che illumina i nostri sentieri, lucerna pedibus meis verbum tuum et lumen semitis meis.


Fonte

Concetta Lombardo, prega per noi!

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Concetta Lombardo nasce a Stalettì (CZ) il 7 luglio 1924 nella diocesi di Catanzaro-Squillace. Il padre Gregorio muore in un incidente quando lei ha sette mesi. Conosce la povertà, ma cresce sana e bella, assieme alla sorella Angelina, allevata da mamma Giovanna Rauti, che si divide tra la famiglia e i lavori a giornata nei campi o a fare e vendere sapone. Anche Concetta, fatte le scuole elementari, lavora nei campi, sbriga le faccende domestiche, ricama e fa la sarta. Ogni giorno frequenta la chiesa, dove è impegnata come catechista. La sua fede è semplice, ma soda e convinta: nutre il suo spirito di Parola e di Eucaristia e legge anche buoni libri, fornitigli dal suo parroco. Tra questi c'è anche la vita di Santa Maria Goretti. Ha cura del proprio cammino spirituale, formandosi nell'Azione Cattolica e nel Terz'Ordine Francescano.
E' una ragazza seria, nelle parole e nei comportamenti. Era fidanzata di un giovane, ma questi, emigrato in Germania, lì si sposa. Lei se ne fa una ragione, accettando la volontà di Dio. Altre due persone esprimono a lei un pensiero di amore, ma sono allontanate da Vincenzo Messina il fruttivendolo-macellaio del paese vicino, Gasperina, che si invaghisce di lei a tal punto da trasformare in breve tempo quel sentimento in un'autentica ossessione. Il fatto di essere regolarmente sposato con una figlia non gli impedisce di progettare la sua vita accanto a Concetta, in un crescendo di proposte sempre più esplicite, fino al punto di proporle una convivenza. La conoscenza di Concetta, da parte di Vincenzo, era avvenuta in seguito al comparaggio che la sorella di Concetta, Angelina, aveva stretto con la famiglia Messina come madrina nel battesimo della loro figlia. La frequenza delle famiglie, con scambi di doni, come si è soliti fare in Calabria, accende la passione di Vincenzo. Quando la famiglia Lombardo si accorge delle attenzioni particolari del compare, rompe il comparaggio. Ma Vincenzo non demorde, insegue, pedina, insidia Concetta, la quale deve continuamente nascondersi e scappare per non incontrare il suo pretendente.
Concetta ha molto chiaro il principio dell'indissolubilità del matrimonio, dell'illiceità morale dell'adulterio, della peccaminosità di ogni relazione extraconiugale. Respinge il pretendente in nome dei suoi principi morali: "Tu sei sposato. Dio non vuole, questo è peccato". La presenza ossessiva di Vincenzo davanti a casa di Concetta e le minacce non velate, fino al punto di puntarle la pistola, assumono sempre più i contorni di un dramma.
Si arriva così al 22 agosto 1948, quando Vincenzo, dopo una notte insonne e tormentata, esce di casa alle quattro del mattino, dicendo alla moglie di voler andare a piangere la sua situazione ed a far piangere qualcun altro. Dopo aver vagato per prati e campi, si presenta dove Concetta sta raccogliendo fichi d'India insieme alla zia Maria e a zio Giovanni. Pistola in pugno, Vincenzo prima invita e poi intima a Concetta di seguirlo. La zia e un vicino, vista la situazione drammatica, invitano Concetta a seguire Vincenzo. Avrebbero provveduto loro a dire alla madre quello che era successo, ma Concetta si rifiuta "perché questo è peccato ed è uno scorno per la mamma". Partono tre colpi di pistola: cade Concetta; quindi il Messina si suicida a pochi metri da lei.

Autore: Padre Pasquale Pitari, ofmcapp







altro filmato su Concetta Lombardo.



 
 
25 ottobre 2000

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

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«Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».

 

Così parla Giosuè, il successore di Mosè alla guida del popolo d’Israele.

Egli pone al popolo una decisione. Chiede di scegliere una misura per la vita di se e dei loro figli.

Chiede di accogliere, di darsi un patto di fiducia.

In un mondo sfiduciato, siamo anche dentro questa domanda: se fare nostro il patto di Sichem.

Facciamo nostra la risposta di Israele?

 

«Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».

 

Questo problema di decisone riappare nel Vangelo in cui si dice:

Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.

 

La questione è grande e grave.

Come per Sichem, anche nel Vangelo siamo scossi e chiamati ad una decisone seria e definitiva: con il Signore o senza il Signore.

 

Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?».

Certo noi siamo più ambigui. Noi rimaniamo, stiamo, ma poi in realtà camminiamo come vogliamo.

Questa ambiguità fa male!

 

Sentiamo nostra la domanda e il grido di Pietro:

«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

 

Ora passiamo alla seconda lettura. Che cosa ci dice alla luce delle altre due.

La famosa lettera di Paolo, sul rapporto uomo e donna, meglio sul rapporto marito e moglie, ci riporta al concretezza della vita.

La scelta del Signore nella nostra vita deve entrare nella dimensione del quotidiano.

La misura è: come anche Cristo fa

Non basta scegliere, bisognare essere.

Non possiamo dirci cristiani, dobbiamo essere cristiani.

Mi piace a tal proposito riprendere la catechesi del Papa sulla tema della festa, dello scorso 12 agosto:

Oggi parleremo della festa. E diciamo subito che la festa è un’invenzione di Dio. Ricordiamo la conclusione del racconto della creazione…

Dio stesso ci insegna l’importanza di dedicare un tempo a contemplare e a godere di ciò che nel lavoro è stato ben fatto. Parlo di lavoro, naturalmente, non solo nel senso del mestiere e della professione, ma nel senso più ampio: ogni azione con cui noi uomini e donne possiamo collaborare all’opera creatrice di Dio.

Dunque la festa non è la pigrizia di starsene in poltrona, o l’ebbrezza di una sciocca evasione, no, la festa è anzitutto uno sguardo amorevole e grato sul lavoro ben fatto; festeggiamo un lavoro.

Può capitare che una festa arrivi in circostanze difficili o dolorose, e si celebra magari “con il groppo in gola”. Eppure, anche in questi casi, chiediamo a Dio la forza di non svuotarla completamente.

Ma il vero tempo della festa sospende il lavoro professionale, ed è sacro, perché ricorda all’uomo e alla donna che sono fatti ad immagine di Dio, il quale non è schiavo del lavoro, ma Signore, e dunque anche noi non dobbiamo mai essere schiavi del lavoro, ma “signori”.

L’ossessione del profitto economico e l’efficientismo della tecnica mettono a rischio i ritmi umani della vita, perché la vita ha i suoi ritmi umani. Il tempo del riposo, soprattutto quello domenicale, è destinato a noi perché possiamo godere di ciò che non si produce e non si consuma, non si compra e non si vende. E invece vediamo che l’ideologia del profitto e del consumo vuole mangiarsi anche la festa: anch’essa a volte viene ridotta a un “affare”, a un modo per fare soldi e per spenderli. Ma è per questo che lavoriamo? L’ingordigia del consumare, che comporta lo spreco, è un brutto virus che, tra l’altro, ci fa ritrovare alla fine più stanchi di prima. Nuoce al lavoro vero, e consuma la vita. I ritmi sregolati della festa fanno vittime, spesso giovani.

Infine, il tempo della festa è sacro perché Dio lo abita in un modo speciale. L’Eucaristia domenicale porta alla festa tutta la grazia di Gesù Cristo: la sua presenza, il suo amore, il suo sacrificio, il suo farci comunità, il suo stare con noi… E così ogni realtà riceve il suo senso pieno: il lavoro, la famiglia, le gioie e le fatiche di ogni giorno, anche la sofferenza e la morte; tutto viene trasfigurato dalla grazia di Cristo.

 

Ecco qui, in questa catechesi la concretezza del patto di Sichem: Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore.

Amen.
 
 
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