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"Se li abbandono anch'io, non hanno più nessuno": beato Alessandro Dordi.

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Oggi moriva in Perù don Alessandro Dordi (+ 1991), missionario bergamasco, sarà beatificato il prossimo 5 dicembre con Michał Tomaszek e Zbigniew Adam Strzałkowski.
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
"Il martirio per i cristiani
è il portare la testimonianza nella fede
fino alle estreme conseguenze
oppure la dedizione nella carità" 

Studiosi inventori....

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In cui si sostiene la tesi che in un'urna vi sono le reliquie di San Brizio di Tours e di San Sossio di Miseno.

“Nell'urna furono deposte, separate dalle prime, anche altre reliquie, in particolare quelle di San Brizio, vescovo di Tours e di San Socio (o Sossio) martire del Miseno. Infatti sul rovescio della stessa lapide è scritto:

HIC REQUIESCUNT CORPORA SANCTORUM BRICII ET SOCII MARTIRUM”

Scrivendo avevo sostenuto che non sono i suddetti santi ma semplicemente delle ossa di martiri delle catacombe di cui il capo gruppo si chiama Brizio.

Risposta.

Mi è stata recapitata la sua osservazione circa l'epigrafe attestante le reliquie custodite nella chiesa di San Menna a Sant' Agata de' Goti. La sua interpretazione è rispettabile, storicamente plausibile, grammaticalmente non sostenibile, in quanto SOCII è un genitivo singolare (socium-socii). Siccome la lapide è correttamente scritta, è più probabile che il lapicida ignorasse che San Bricio, vescovo di Tour, non era stato un martire.

Per una completa esposizione può consultare "La chiesa di San Menna a Sant' Agata de' Goti - Atti del convegno di studi 19 giugno 2010", pp.31-4

(by xxx)

La risposta non si sbilancia, perché deve sostenere la tesi (errata), barricandosi solo dietro l’errore grammaticale (bazzecola rispetto al contenuto, ma certamente un errore!). Riformulo la questione.

 

La lapide dice:

HIC REQUIESCUNT CORPORA SANCTORUM BRICII ET SOCII MARTIRUM

La traduzione è:

QUI RIPOSANO I CORPI DEI SANTI BRICIO E SOCIO MARTIRI.

Bricio e non Brizio, perché in latino San Brizio si scrive Sancti Britii.

Idem per Socio, nel senso di compagno, e non nel senso di Sossio. Perché in latino il nome del martire di Miseno si scrive Sòsii.

Quindi non è che il lapicida ignorasse, ma conosceva bene la questione delle reliquie, ora mal interpretate.

Concludendo: le reliquie sono di due santi martiri Bricio e Socio.

Ogni altra interpretazione è errata!


CONTINUA...

Studiosi inventori ... (II)

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 Egregio Signore, non ho il piacere di conoscerla e non è mio stile discutere a distanza.
Anzitutto non sono minimamente responsabile di quanto scritto sul web, a meno che non ci sia la mia firma. Molte notizie che vi si trovano sono state rimediate da pubblicazioni dell' 800 che intendevano fare la storia di San Menna.
 Le posso assicurare che sono stato uno dei primi (o il primo) a mettere in discussione San Sossio del Miseno, che secondo me non c' entrava niente con la lapide in questione. Come le ho detto ieri, si tratta di un genitivo singolare che forse ha aiutato anche lei a correggere l' interpretazione.
 Per quanto riguarda il San Bricio martire, c'è un particolare per me importante: nel Martirologio Romano, che è il testo ufficiale dei santi e dei martiri della storia della Chiesa, non esiste alcun San  Bricio martire. E allora come spiegare il fatto? Non a caso ho rimandato le sue ricerche alla monografia  pubblicata di recente su San Menna, dove esperti hanno cercato di dare interpretazioni che storicamente sono sostenibili.
Aggiungo che mi sono fatto promotore di esaminare il materiale osteologico col C14. Il risultato è stato che le reliquie di San Menna sono rapportabili ad un uomo vissuto nel sesto secolo, mentre quelle dell' ipotetico San Brizio sono del X secolo (quindi non autentiche). Ancora una volta rimando la sua attenzione alla pubblicazione indicata.
Con sensi di stima, accolga i miei saluti.
   
 

Carissimo,
però nella prima risposta mi sembrava di altro parere. Nella scrivere al web, hanno detto che lei era il responsabile.
 
Comunque San Bricio martire non può essere San Brizio di Tours. Che non esista nel MR non è un problema, la Chiesa venera tanti santi non iscritti nel MR.
 
Esempio? Miro di Canzo, Gerardo da Monza, Filomena di Mugnano, Colomba di Osoppo, Colomba di Pagliara, ecc...
 
Ma nel caso, come già scritto, queste sono ossa di due martiri (inizialmente nella foga ho letto socii come soci, più di 2, mentre sono solo 2, di cui 1 si chiama Bricio).
Per cui non mi ha aiutato a corregge l'interpretazione, che era giusta nel senso, ma solo una questione di ossa di 2 e non di più di 2. Certo scrive San Socio per San Sossio è un gravissimo errore, vista la struttura dell'epigrafe.
 
Leggendo anche il pdf mi sono reso conto che si è montato un castello in aria su questi due nomi. Per di più un libro da 40 euro e un convegno... certo il più verte su San Menna eremita. Mi piacerebbe compralo.
 
Ma tornando ai due nomi e alle loro ossa sono certamente reliquie estratte dalle catacombe, e quindi martiri sconosciuti, di cui si sa solo che sono martiri e che uno dei 2 si chiamava Bricio.
Non si può dire che siccome nel MR non si parla di San Bricio martire, allora il lapicista ha sbagliato perché non sapeva che il vescovo di Tours non era martire, quindi un errore è definirlo martire, ma è san Brizio di Tours (ma in realtà si traduce Bricio)!?!?!
Deduzione ridicola.
 
La grande questione è che esistono molto reliquie di santi martiri con nomi del MR, perché nomi imposti, ma poi in realtà sono reliquie delle catacombe, di cui si sa solo che sono martiri e nulla più.
 
Uno tra i tanti.
saluti

Anatoly Karol ....

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Una notizia che mi molto commosso oggi.
Sentita al Tg della Rai1.


"... Anatoly Karol aveva 38 anni e sabato era con la sua bambina di un anno e mezzo a fare la spesa in un supermercato di Castello di Cisterna, in provincia di Napoli. All'improvviso due malviventi hanno fatto irruzione nel locale per una rapina. Anatoly ha cercato di sventarla, ma gli hanno sparato davanti alla figlia e poi hanno infierito su di lui con un'arma contundente. È morto quasi subito.
Anatoly era ucraino. Se fosse stato il contrario, se l'ucraino fosse stato il rapinatore, oggi su questo caso avremmo avuto molta più attenzione, raccolte di firme, cortei".
(Roberto Saviano)

Santi del giorno ...

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3° anniversario dalla morte del Cardinale Carlo Maria Martini

Beati Edmigio Primo Rodriguez, Amalio Zariquiegui Mendoza e Valerio Bernardo Herrero Martínez, religiosi lasalliani martiri in Spagna

Beato Andrea Dotti da Borgo Sansepolcro, religioso nell'Ordine dei Servi di Maria

Beato Pietro Tarres Claret, sacerdote


Santi Rufino Vescovo e Cesidio Presbitero Martiri

San Cesidio e compagni martiri a Trasacco

San Domenico del Val, martire

San Giuseppe d'Arimatea

San Nicodemo di Gerusalemme

San Paolino vescovo di Treviri

San Raimondo Nonnato, religioso mercedario

Sant'Aristide Marciano, apologeta
 



Sant'Aidano vescovo di Lindisfarne

Santi Centomila Martiri di Tbilisi
 
 
"O Cristo, pastore glorioso,
a te la potenza e l'onore
col Padre e lo Spirito Santo
nei secoli dei secoli".
 
 

San Sostene, festa a Mili San Pietro (ME)

Che stupore!

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"Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità".  (Lc 4)

Oggi è arrivato il libro che ho comprato in una libreria sul web.

Il libro è bellissimo per il contenuto: i santi Martiri nuovi e antichi, la santità giovane e i Martiri delle Catacombe.

Poi è bello nella grafica, nelle foto, nella carta, ma lo stupore è che l'argomento non ti estraneo, quasi ti è famigliare... leggi la bibliografia e cosa scopri?

Che l'autore ti ringrazia come fonte di materiale... che stupore!
Grazie!

BEATI MARTIRI DI VIACELI

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Trentotto monaci di Viaceli, nella provincia di Santander, in Spagna, furono espulsi dal loro monastero l'8 settembre 1936 da agenti della Federazione degli anarchici iberici.
 
Imprigionati, furono rimessi in libertà: alcuni si dispersero in case private, altri raggiunsero Bilbao dove la religione non era perseguitata in modo violento, altri si raggrupparono a Santander, formando tre piccole comunità che cercavano di mantenere nascostamente la vita monastica.
 
Probabilmente a causa di qualche delazione, il 1° dicembre un gruppo che comprendeva soltanto fratelli conversi fu arrestato. La polizia marxista voleva sapere da dove prendevano i mezzi di sussistenza. Avendo dichiarato che era il padre priore che si occupava della cosa, fornirono forse agli agenti rossi il pretesto per arrestare un secondo gruppo, che comprendeva il priore e altri monaci sacerdoti.
Pío Heredia, il priore, non volle assolutamente dichiarare il nome di chi forniva loro degli aiuti. Dopo penosi interrogatori e maltrattamenti durante il processo istruito nella notte del 2 dicembre per dare una parvenza di legalità alla condanna dei religiosi, ma in realtà in odio alla fede e per cercare di impadronirsi del loro denaro o per sapere l'indirizzo dei benefattori, avvenne l'esecuzione. 
 
Secondo la testimonianza di un oblato di quindici anni, che si trovava con i monaci e che fu poi rilasciato, i religiosi furono caricati su un autocarro in due gruppi separati, uno nella notte del 3 dicembre, l'altro nella notte successiva.
Non se ne seppe più nulla. Gettati in mare dalla scogliera a picco del faro di Santander o condotti in barca e sommersi nelle acque profonde della baia oppure, come risulterebbe da una testimonianza indiretta, fucilati vicino al cimitero della città? La prima ipotesi sembra la più probabile.
Il 29 dicembre un converso a voti temporanei, Leandro Gómez Gil (1915-1936), fu scoperto dai miliziani in una casa privata: apparteneva al gruppo di monaci studenti e fratelli conversi che si era prudentemente dissolto dopo la scomparsa del padre Pío e dei suoi compagni. Gli altri si rifugiarono a Bilbao, ma Leandro non osò farlo, dato che rientrava nella categoria per la quale era giunto l'ordine di mobilitazione. La polizia rossa lo maltrattò in modo orribile, fino a farlo tanto sanguinare dalla bocca, dal naso e dalle orecchie che un lenzuolo ne fu inzuppato. Il giorno successivo fu cacciato a forza in un'auto e scomparve per sempre. Anche lui fu forse annegato o fucilato. Si seppe in seguito chi lo aveva assassinato in odio alla fede e alla Chiesa: gli uccisori furono perdonati.
 
La passione di questi monaci fu preceduta da quella di due confratelli che erano rimasti al monastero. Infatti il giorno dell'espulsione i banditi marxisti avevano trattenuto con loro due sacerdoti, il segretario padre Eugenio García Pampliega (1902-1936) e il padre Vincenzo Pastor Garrido (1905-1936), probabilmente nella speranza di poter mettere le mani sul denaro dell'abbazia, che ritenevano ricca. Le loro investigazioni non dettero però alcun risultato.
 
Il 21 settembre gli anarchici offrirono ai due padri di accompagnarli in macchina a Santander, ritardando la partenza fino a notte inoltrata, ma a una ventina di chilometri dal monastero li uccisero a colpi di pistola, abbandonandone i cadaveri sul ciglio della strada. Ritrovati il giorno seguente, la gente del posto li seppellì nel cimitero di Rumoroso. Soltanto nel 1940, dopo essersi accertati di tutte le voci che correvano, i monaci di Viaceli esumarono le due spoglie (sepolte senza cassa, uno sopra l'altro) e le trasportarono al monastero, seppellendole nel chiostro della lettura dietro il seggio abbaziale.
 
Ecco l'elenco dei martiri del 3 e 4 dicembre:
 
1. Pío Heredia Zubía (1875-1936), priore, sacerdote
2. Giovanni Battista Ferrís Llopis
(1905-1936), sacerdote  
3. Amedeo García Rodríguez
(1905-1936), sacerdote  
4. Ezechiele Alvaro de la Fuente
(1917-1936), converso a voti temporanei
5. Antonio Delgado Gonzáles
(1915-1936), oblato di coro 

6. Marcellino Martín Rubio
(1913-1936), novizio di coro  
7. Valeriano Rodríguez García
(1906-1936), sacerdote  
8. Eustachio García Chicote
(1891-1936), sottomaestro dei conversi  
9. Angelo de la Vega Gonzáles
(1868-1936), converso  
10. Alvaro González López
(1915-1936), professo corista a voti temporanei
11. Eulogio Alvarez López
(1916-1936), converso a voti temporanei 

12. Benvenuto Mata Ubierna
(1908-1936), novizio converso 
 
Di tutti questi martiri è stata introdotta la causa di beatificazione. Il processo diocesano è stato aperto nel 1996, a sessant' anni dal martirio.
 
Sono stati beatificata, oggi, nella Cattedrale di Santander. La celebrazione è stata presieduta dal Cardinale Amato.
       
(Coll. O.C.R. 1937, p. 17 ss. / Coll. 1939, pp. 85-91 / Coll. 1945, p. 220 / D.P.Moreno Pascual, Como incienso en tu presencia, Viaceli 1996 / Cistercium, 1987, pp. 214-216 / Cistercium, 1996, pp. 413-416)
 

BEATE MARTIRI DI GERONA

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Sono 1.571 i martiri spagnoli (+ 1936-1939) di cui la Chiesa ha riconosciuto il martirio.
Se il sangue dei martiri e seme di nuovi cristiani, questo ci da molta speranza.
 
Suor Fidelia, Suor Faconda e Suor Giuseppina sono state beatificate, oggi, nella Cattedrale di Gerona.

La statua di San Vladimir, simbolo della restaurazione spirituale della Russia

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La statua di San Vladimir: simbolo della restaurazione spirituale della Russia

Di Federico Cenci

Roma,(ZENIT.org)

Risale al maggio scorso la firma del presidente dell’Ucraina, Petro Poroshenko, su una legge approvata dal Parlamento che mette al bando i “simboli della propaganda” comunisti e nazisti. Quale effetto della norma, a Kiev e non solo si sta assistendo a una furia iconoclasta che non risparmia nemmeno un orpello che richiami al passato sovietico: targhe e intitolazione di vie a eroi comunisti sostituite, monumenti smantellati e stelle rosse sradicate con lo scalpello. L’anticamera di questa legge fu l’abbattimento, un anno fa, durante i tumulti iniziati a piazza Maidan, di una serie di enormi statue e busti di Lenin disseminati in tutto il Paese.

E mentre in Ucraina ci si preoccupa di demolire i monumenti, in Russia si lavora per edificarli. Al fine di commemorare i 1.000 anni dalla morte di San Vladimir, patrono della Russia, la Chiesa ortodossa russa e il ministro della Cultura, Vladimir Medinsky, hanno sostenuto il progetto di costruzione, sulla cima di una collina di Mosca, di una statua alta 25 metri del Santo, considerato patrono della nazione.

Sovrano della Rus’ (un regno che andava da Novograd, al Volga, al Danubio), San Vladimir, un secolo dopo gli evangelizzatori dei popoli slavi Santi Cirillo e Metodio, scelse di abbracciare il cristianesimo elevandolo a fondamento di civiltà del popolo russo. All’anno 980, ossia 74 anni prima dello Scisma d’Oriente, e a un episodio dalla forte carica simbolica viene fatta risalire la definitiva cristianizzazione della Rus’: dopo esser stato battezzato lui stesso a Cherson (l’attuale Sebastopoli, in Ucraina), San Vladimir impose alla sua famiglia e alla popolazione di Kiev il battesimo nelle acque del Dnipro.

Episodio che suscitò nel sovrano una conversione sincera, tale da trasformare in mite e caritatevole un animo un tempo caratterizzato da dissolutezza e barbarie. L’appellativo di “santo” gli fu attribuito a gran voce subito dopo la morte, motivato da uno stile di vita sobrio e da un modo di governare cristianamente inteso.

Celebrato come santo sia dai cattolici sia dagli ortodossi, la sua memoria liturgica cade per entrambe le Chiese il 15 luglio. È in quella data che il presidente Vladimir Putin ha organizzato un galà al Cremlino con 400 ospiti, per onorare l’apporto storico e spirituale che il sovrano venerato come santo diede alla nazione. “È difficile sopravvalutare il ruolo svolto da Vladimir nella storia del Paese, il battesimo della Russia fu una svolta chiave”, ha osservato Putin.

Il patriarca di Mosca Kirill, nel corso della cerimonia svoltasi nella Cattedrale di Cristo Salvatore, ha lodato San Vladimir e ha sollecitato a render concreta la sua eredità, che consiste nel “salvare l’umanità dall’idolatria, dall’egoismo e dal consumismo dei nostri tempi”.

Entro novembre, la statua di San Vladimir dovrebbe stagliarsi sulla città di Mosca in tutta la sua maestosità, mentre in Ucraina le statue vengono distrutte. Il principio animatore ha tuttavia una radice comune, ossia il desiderio di affrancarsi da un passato recente che evidentemente lede la memoria e avvilisce lo spirito dei popoli russo e ucraino.

Anni di ateismo di Stato in Unione sovietica hanno discriminato e represso le Chiese cristiane mediante campagne antireligiose, spesso assai violente. La tradizione cristiana del popolo russo ha però continuato a vivere sottotraccia, saldamente aggrappata alla fede. Nel 1990, il sommovimento che ha causato la caduta del regime ha fatto riemergere quell’elemento spirituale che covava sotto le macerie di un’ideologia totalitaria e materialista.

È così che in quello che nel ‘900 fu il più grande laboratorio ateo della storia, si assiste oggi a una dirompente rinascita spirituale. A fronte dell’incedere della secolarizzazione in Occidente, l’88% dei russi dichiara di credere in Dio. Ma la rinascita della fede è una causa perorata anche dal Governo, ne sono prova le leggi approvate dal Cremlino a tutela della vita e della famiglia naturale, nonché la scelta di rendere obbligatorio lo studio della religione nelle scuole. E ora, con la costruzione della statua di San Vladimir, il Cremlino ha voluto dare un visibile suggello all’opera di restaurazione del retaggio storico, culturale e spirituale russo.

Sant'Eufemia, prega per noi!

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Sant'Eufemia di Calcedonia
venerata a San Mauro La Bruca

Iglesias Julio ed Enrique... due epoche

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Due cantanti, padre e figlio, espressione di due epoche ....

"apostolo del Vangelo ..."

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O Dio, che nel disegno della tua misericordia,
hai scelto Matteo il pubblicano
e lo hai costituito apostolo del Vangelo,
concedi anche a noi,
per il suo esempio e la sua intercessione,
di corrispondere alla vocazione cristiana
e di seguirti fedelmente
in tutti i giorni della nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Santi Maurizio e compagni martiri

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S. Innocenzo Martire della Legione Tebea,
compagno di San Maurizio (22 settembre),
patrono di Grassano (MT)

 
O glorioso san Maurizio, che, deliziandovi di conversare col santo vescovo di Gerusalemme, vi deliziaste più ancor degli elogi ch’egli vi fece del Cristianesimo, per cui lo abbracciaste senza ritardo, o con la saviezza dei vostri discorsi e con la santità dei vostri costumi animaste tutti i soldati da voi dipendenti ad imitare il vostro esempio, così nel professar senza indugio la Religione Cristiana, come nell'adempierne con esattezza tutti i doveri, impetrate a noi tutti la grazia di non conversare giammai se non con chi può farci migliori, e di procurare con ogni sforzo l’edificazione e la salute di tutti i nostri fratelli.
Gloria al Padre al Figlio e allo Spirito Santo come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. 

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

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Il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse.

Ma all’uomo non basta possedere, l’uomo ha bisogno di corrispondenza.

Un esempio nella relazione con il divino. L’uomo pagano possiede il divino in un idolo, ma il suo vero senso religioso ha la sua risposta nella corrispondenza con un Dio che si fa uomo per appagare la sete di divino e di eterno che è nell’uomo.

Gli presentavano dei bambini … e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».

Il bambino, il piccolo, il povero è nella Sacra Scrittura il modo per accogliere la corrispondenza di Dio.

È la relazione di amore materna-paterna di Dio, con cui il Signore si avvicina alla creatura per elevarla al disegno del Creatore.

Ma dall’inizio della creazione …

C’è un sogno di Dio che va rispristinato, che va riportato nel suo compimento. Cristo, il Dio vicino, è venuto a dare la misura della sua realizzazione. È venuto a dare pienezza.

Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

Il tema del matrimonio entra con forza in questa domenica. Nei prossimi giorni vivremo il Sinodo della Famiglia, lasciamo a quel tempo la riflessione sulle questioni serie e dolorose sul tema, e noi chiediamoci:

Quando un uomo e una donna si sposano sognano di divorziare?

Certo che no!

Eppure oggi la paura del definitivo è presente. Se no non sarebbero tante coppie di credenti - che potendo celebrare il matrimonio nella fede - decidono di convivere.

È la paura che nasce dal fatto che tutto dipende da te… e Dio?

Eppure Dio ti propone l’eternità come misura!

«Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!». (Lc 11,28)

Il Signore ci invita a accogliere la sapienza che sgorga dalla sua parola, perché ogni suo insegnamento è saggio e conduce l’uomo al vero bene e al bello.

C’è quindi una parola divina sul matrimonio che è salda così come è forte e inscindibile l’alleanza tra Dio e il suo popolo.

La novità cristiana sul matrimonio è sorprendente.

Gesù non solo definisce che è frutto della durezza di cuore la possibilità mosaica di divorzio dell’uomo dalla donna, ma pone una luce nuova che la donna può ripudiare l’uomo!

«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Quando si incolpa il Cristianesimo di maschilismo è evidente che non lo si conosce: c’è un’ignoranza evidente nella conoscenza dell’insegnamento di Gesù Cristo.

Il problema vero è che ci sono cristiani che hanno portato nel Cristianesimo la loro cultura non cristianizzata confondendo la norma (la tradizione – la cultura) con la legge divina.

La radicalità di Gesù sul matrimonio nasce dalla stessa radicalità di Gesù nel vivere la volontà del Padre: il suo sì è fino alla morte.

“Quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti”.

Il matrimonio è via per la santificazionedell’uomo e della donna, cioè è la strada più comune per vivere la pienezza del Vangelo.

S. Francesco d’Assisi spiega:"O sposi, non vi dico: amatevi reciprocamente di amore naturale, perché di ciò sono capaci anche le tortorelle; né vi dico: amatevi di un amore umano, perché anche i pagani hanno praticato questo amore. Ma vi dico, secondo il grande Apostolo (Paolo): mariti amate le vostre mogli come Gesù ama la Chiesa. Mogli, amate i vostri mariti, come la Chiesa ama il suo Salvatore".

Solo un cristianesimo capace di amare come Cristo, è un cristianesimo che si è liberato della durezza del cuore, e è proiettato nella misura di Dio.

Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.

Perchél’amore del Cristo ci possiede

Amen.

Nuovi Decreti: 5 Beati e 7 Venerabili

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- il martirio dei Servi di Dio Valentino Palencia Marquina, Sacerdote diocesano, e 4 Compagni, uccisi in odio alla Fede il 15 gennaio 1937 nei pressi di Suances (Spagna);
- le virtù eroiche del Servo di Dio Giovanni Folci, Sacerdote diocesano e Fondatore dell’Opera del Divin Prigioniero; nato il 24 febbraio 1890 a Cagno (Italia) e morto a Valle Colorina (Italia) il 31 marzo 1963;
- le virtù eroiche del Servo di Dio Francesco Blachnicki, Sacerdote diocesano; nato a Rybnik (Polonia) il 24 marzo 1921 e morto a Carlsberg (Germania) il 27 febbraio 1987;
- -le virtù eroiche del Servo di Dio Giuseppe Rivera Ramírez, Sacerdote diocesano; nato a Toledo (Spagna) il 17 dicembre 1925 ed ivi morto il 25 marzo 1991;
- le virtù eroiche del Servo di Dio Giovanni Emanuele Martín del Campo, Sacerdote diocesano; nato a Lagos de Moreno (Messico) il 14 dicembre 1917 e morto a Jalapa (Messico) il 13 agosto 1996;
- le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Filomeno Maria Losito, Sacerdote professo della Congregazione del Santissimo Redentore; nato a Canosa di Puglia (Italia) il 16 dicembre 1838 e morto a Pagani (Italia) il 18 luglio 1917;
- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Benedetta Giuseppa Frey (al secolo: Ersilia Penelope), Monaca professa dell’Ordine Cistercense; nata a Roma il 6 marzo 1836 e morta a Viterbo (Italia) il 10 maggio 1913;
- le virtù eroiche della Serva di Dio Anna Chrzanowska, Laica, Oblata delle Orsoline di San Benedetto; nata a Varsavia (Polonia) il 7 ottobre 1902 e morta a Cracovia il 29 aprile 1973.

San Felice, chi?

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Commentando l'articolo
 
 
 
VENERATO DA SECOLI,… ESALTANO LA «SAPIENZA», «LA FEDE» ED IL «MARTIRIO».
Il libro non dice la Sapienza del Santo, semmai che è testimone della Parola, del Verbo fatto carne, ed è annunciatore in parole ed opere del Signore Gesù, la Sapienza Eterna incarnata .
MA CHI È STATO «SAN FELICE»? ….. SAN BASILIO M. (PLACANICA).
Quanto scritto è sensato, ma la domanda si pone: chi veramente porto la reliquia? Esistono documenti? Si può supporre che siano ossa di un martire Felice, semplicemente e non attribuibile a nessun martire del Martirologio e dei Sinassari?
Per secoli chi hanno venerato in quel mezzobusto? Anche a Montauro esiste un mezzobusto di S. Alessandro, ma chi è? Un martire, semplicemente un martire non identificabile. Oppure come per le reliquie di San Vittore venerate a Davoli, quelle ossa arrivarono da Roma. Quindi un sconosciuto testimone della fede nella Roma dei primi quattro secoli?
DA TEMPO ANTICHISSIMO, A MONTEPAONE ED A GASPERINA, SONO VENERATI S. FELICE E S. INNOCENZO, IDENTICI I MOTIVI ICONOGRAFICI, EGUALE – NEL PETTO – LA CUSTODIA DELLE LORO «RELIQUIE», COMUNE LA LORO STORIA.
Questo stile iconografico non può essere preso come criterio agiografico, se no bisognerebbe accumunare a loro i succitato S. Alessandro venerato a Montauro e il San Giusto, patrono di Palermiti.
LA NOSTRA PERSONALE CONVINZIONE, PIÙ CHE IPOTESI, … SANTO BASILIO SCAMARDÌ.
Che la Calabria abbia un presenza di culti orientali è certo, come la Puglia, la Sicilia, eccetera. Però questa sovrapposizione di identità per omonimia è azzardata. Difatti il santo Martire patrono di Gasperina, risulta un diacono dall’iconografia, detto compagno di martirio di papa Sisto a Roma.
Per di più i santi citati come martiri orientali sono anche inseriti nel Martirologio Romano (Ed. 2001) il 17 giugno con il seguente testo: A Pojani in Macedonia, nell’odierna Albania, santi Isauro, Innocenzo, Felice, Ermia, Pellegrino e Basilio, martiri.
Come poter dire che il diacono di Gasperina, sia il compagno di martirio del “milite” di Montepaone?
Supposizioni azzardate, fantasia che nasce dall’omonimia.
Credo che la soluzione sia nel capire da dove vengono le reliquie, chi si è venerato fino ad oggi in quel simulacro. Forse è uno di quel gruppo di martiri macedoni, forse, ma non perché vicino c’è un omonimo di nome Innocenzo, ma perché così lo si venerava da secoli, che le sue reliquie veramente vengono dall’Oriente, non per supposizione vengano dall’est cristiano,  e non in epoca recente (1600 in poi) da Roma.
Concludo con un aneddoto popolare che mi raccontava mio nonno. Mi diceva che alcuni santi venerati nella costa ionica era fratelli – e me ne faceva i nomi – solo dopo crescendo ho capito che quel racconto popolare aveva la sua scintilla di storicità nel fatto che a Isca sullo Jonio si venerava San Marziale, uno dei sette figli di Felicita, matrona e martire romana, per cui l’aneddoto popolare era un falso storico, una rilettura della realtà attraverso ciò che si sapeva su San Marziale.

Venerdì della XXVII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

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San Dionigi V. M.
(questa foto molto presente nel web è mia opera
prima e dopo l'elaborazione su pianeta)


Gesù e il demonio.

La lotta è in azione e noi siamo il campo di battaglia. Il nostro cuore è il ring. Noi sappiamo che Gesù sarà il vincitore alla fine, al compimento del Regno.
 
 
Ma noi saremo vincitori con Lui?

È certezza che Gesù vincerà e noi saremo vittoriosi con Lui?

Si lo saremo se ci faremo vincere da Lui, dalla sua Grazia, dal suo desiderio di Salvezza.

Il profeta Gioèle ci dice di essere vigilanti per il giorno del compimento del Regno.

Una certezza ci viene dall’antifona del Vangelo:

Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me.

Gesù vincerà! In attesa della vittoria facciamo attirare da Gesù crocifisso e risorto, facciamo vincere dalla sua Pasqua.

L’esempio del Santo Martire Dionigi è entusiasmante!

Secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, Dionigi è convertito da Paolo ad Atene, nel suo viaggio verso Roma, passa dalla città greca di Kroton, dove da inizio alla sede episcopale di Crotone, e poi è inviato dal papa ad evangelizzare le Gallie: qui predica la buona notizia del Vangelo.

Conclude la sua vita con il martirio, ma la sua morte è una vittoria, infatti da decapitato cammino con la sua testa tra le mano. Sulla sua tomba fu poi edificata la santa Genoveffa di Parigi la basilica di Montmartre, cioè l’abbazia di San Denis, luogo dell’adorazione eucaristica perpetua nella capitale francese.

Concludo con una curiosità. In un tempo di gusto per i nomi stranieri chi chiama la figlia Denis, non sa che in realtà è un nome maschile e in italiano suona come Dionigi o Dionisio.

Il Signore per l’intercessione del vescovo San Dionigi ci conceda di essere vittoriosi nella sua vittoria.

Amen.

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

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In questa domenica l’esempio proposto per accogliere il Regno di Dio, dopo il bambino, è il povero.

«Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!»

Gesù ci vuole tutti poveri? Ma in che senso?

Se uno si è guadagnato con giustizia e onesta la sua ricchezza non entrerà nel Regno di Dio?

Ma cos’è il Regno di Dio?

Cosa vuol dire essere povero?

L’evangelista Matteo nell’elenco delle Beatitudini ci ricorda:

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.(Mt 5,3)

Si può dire che c'è una povertà materiale e una povertà spirituale, due volti della stessa virtù evangelica.

Diceva Papa Francesco (22\3\2013):

Come sapete, ci sono vari motivi per cui ho scelto il mio nome pensando a Francesco di Assisi, una personalità che è ben nota al di là dei confini dell’Italia e dell’Europa e anche tra coloro che non professano la fede cattolica. Uno dei primi è l’amore che Francesco aveva per i poveri. Quanti poveri ci sono ancora nel mondo! E quanta sofferenza incontrano queste persone! Sull’esempio di Francesco d’Assisi, la Chiesa ha sempre cercato di avere cura, di custodire, in ogni angolo della Terra, chi soffre per l’indigenza e penso che in molti dei vostri Paesi possiate constatare la generosa opera di quei cristiani che si adoperano per aiutare i malati, gli orfani, i senzatetto e tutti coloro che sono emarginati, e che così lavorano per edificare società più umane e più giuste.

Ma c’è anche un’altra povertà!È la povertà spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi.È quanto il mio Predecessore, il caro e venerato Benedetto XVI, chiama la “dittatura del relativismo”, che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini.E così giungo ad una seconda ragione del mio nome. Francesco d’Assisi ci dice: lavorate per edificare la pace! Ma non vi è vera pace senza verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su questa terra.

Ma ritorniamo al Vangelo odierno

che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?

Eredità e vita eterna.

Noi sappiamo che gli eredi sono i famigliari.

Per ereditare da Cristo, per essere dei suoi, bisogna appartenere a lui e non alle cose.

La povertà allora è una libertà dal possedere, che frena la dimensione dell’ego umano, che è egoismo, egocentrismo, ecc.. per dare la possibilità di essere svuotati, a mani vuote per sapere accogliere l’eredità: la salvezza di Cristo.

Ma questo ci fa pensare ad una prospettiva solo escatologica, della pienezza dei tempi, o come diciamo noi banalizzando e semplificando, alla fine del mondo.

Ma la salvezza, il desiderio salvifico del Padre in Cristo è già ora, nasce dal saper donare, dal saper amare, dal saper vivere nella sapienza divina la vita che ci è donata.

Solo così si capisce la frase:

venne in me lo spirito di sapienza.  La preferii a scettri e a troni,  stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,  perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia  e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento.  L’ho amata più della salute e della bellezza,  ho preferito avere lei piuttosto che la luce,  perché lo splendore che viene da lei non tramonta.

Oppure:

«Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».

La povertà allora è buon uso dei beni, libertà dalla cupidigia, essere a mani vuote per accogliere l’altro e per accoglie il dono di Dio. Per accogliere tutto quello che Dio permette che si compia, perché  in Lui tutto ha un significato di vita eterna.

La povertà è lasciarsi condurre,è credere che esiste una Provvidenza Divina, che Dio è un Buon Pastore, e che la buona notizia del Vangelo è capace, se è vissuta, di creare giustizia, equità, di dare ad ognuno il suo, perché

non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

Ma io sono in cammino in questa prospettiva di povertà che il Vangelo mi propone?

Mi adopero perché sia lo stile della nuova umanità che è nata dalla Pasqua di Gesù?
Amen

Sant'Edvige regina, prega per noi!

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Martirologio Romano, 16 ottobre: Santa Edvige, religiosa, che, di origine bavarese e duchessa di Polonia, si dedicò assiduamente nell’assistenza ai poveri, fondando per loro degli ospizi, e, dopo la morte del marito, il duca Enrico, trascorse operosamente i restanti anni della sua vita nel monastero delle monache Cistercensi da lei stessa fondato e di cui era badessa sua figlia Gertrude. Morì a Trebnitz in Polonia il 15 ottobre.
(15 ottobre: Nel monastero di Trebnitz nella Slesia, in Polonia, anniversario della morte di santa Edvige, religiosa, la cui memoria si celebra domani).
 
La Chiesa di Milano, ricorda la memoria in data odierna a causa della memoria secondo il Proprio diocesano del Beato Contardo Ferrini, celebrata il 16 ottobre.
 
 
 
«Il 16 ottobre 1978, memoria liturgica della santa Edvige di Slesia, durante il Conclave, dopo la mia elezione, il Primate del Millennio mi ha detto: "Ora devi condurre la Chiesa nel Terzo Millennio". E per questo motivo, miei cari sono venuto in Polonia. Sono venuto al Congresso Eucaristico di Wroclaw. Sono venuto per andare a Gniezno alle celebrazioni del Millennio di sant'Adalberto. Sono venuto per chiedere su questi itinerari millenari la grazia di poter compiere quella missione che forse la Divina Provvidenza mi ha affidato nelle parole del grande Primate del Millennio. Ma, cari miei, gli anni passano e voi dovete supplicare Dio in ginocchio affinché io possa riuscirci».
 
(San Giovanni Paolo II, Omelia nella spianata di Gorzow 2 giugno 1997)
 
 
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