Gent.mo Direttore, Sig. Oscar
Dopo la telefonata di quasi un’ora… Parto dal presupposto: la Collana Blu della Velar è una stupenda edizione, sintetica e puntuale, di biografie di modelli di santità.
Ogni tanto capita che qualche volumetto è poco storico e scientifico come il caso del libretto su Santa Fortunata di Baucina, di cui abbiamo parlato qualche anno fa, io, lei e l’autore.
Oggi è il caso del volumetto di Sant’Alessandro. Come sempre di meravigliosa fattura grafica e iconografica, ma con un po’ di problemi, in alcune sue parti, sui contenuti e sull’iconografia.
Non entro nel merito della biografia del santo Martire, ma sui contorni iconografici e di culto fuori della“terra di Bergamo”, come dice lo stesso sotto titolo.
Vado analizzando le pagine.
Pagina 12 e 21 – immagine di S. Alessandro venerato a Pescolanciano, un omonimo, come poi spiegherò
Pagina 13, 21 e 42 – immagine di S. Alessandro venerato a Melfi, un omonimo, come poi spiegherò
Pagine 18 –immagine di San Vincenzo, riportata già come San Proiettizio a pagina 15
Pagina 22 -immagine di S. Alessandro venerato a Ottobeuren (Germania), un omonimo, come poi spiegherò
Pagina 65 –Alcune reliquie del martire… sono venerate a Pescolanciano. Una affermazione di sostanza, non è una supposizione, ma è contradetta dallo stesso libretto perché riportando le autentiche del 1788 e del 1850, il testo dice chiamante: "cum vasculo eius sangunis", se è quello che pare (CON IL VASO DEL SUO SANGUE), ci troviamo difronte ad un tipico elemento di identificazione delle reliquie dei martiri nelle catacombe romane, e se quelle ossa vengono dalle catacombe romane, perché del Martire di Bergamo non c'è come elemento identificativo il vaso di sangue, come per tutti gli antichi Martiri, non vengono da Bergamo, inviate a Roma, ma vengono da una catacomba romana, custoditi a Roma e poi donate ad un richiedente. Che solitamente era uan persone nobile o del clero.
Strano però che volumetto questo elemento così importante non lo considera, eppure questo elemento è visibile nell’urna del Martire a Pescolanciano e anche in un antico santino. Perché non viene considerato?
Il vaso di sangue è elemento dell’archeologia della riscoperta delle catacombe, segno fondamentale per l’identificazione i così detti corpi santi o martiri delle catacombe, ma è anche un elemento molto discusso. Si veda a tal proposito tutta la letteratura sul tema: Boldetti, Giovanni Battista de Rossi e poi ripresa dal P. Ferrua nel 1944.
Questo ci fa dire due parole circa l’iconografia. Se il culto parte da insigni reliquie e vaso di sangue, che non sono certamente del Martire di Bergamo, anche l’iconografia è spuria, potrà richiamare il martire bergamasco, ma non è però in realtà lui, anche se poi statua e dipinto vengono venerati come lo fosse.
Tanto che nel volumetto gli errori iconografici suddetti (Melfi e Ottobeuren) sono in quest’ottica. In particolare su Ottobeuren è certo che il dipinto inserito illustra un decapitato, ma non è il tebeo, è S. Alessandro figlio di S. Felicità romana, le cui reliquie giunsero nella località da Roma su richiesta dei notabile del luogo successivamente alla fondazione nel VIII secolo dell’abbazia. Ad oggi il culto del giovane martire è molto vivo a Ottobeuren. Si può consultare semplicemente il web e si troverà la pagina della Pfarrei Ottobeuren, che narra e racconta di questo culto.
Per Melfi invece le questione la riprendiamo successivamente.
Ma sulla questione santi decapitati e di nome Alessandro un caso è anche a Sairano (PV) dove è certo che il sacro corpo (ricomposto come militare) è giunto nel 1817 da Roma, precisamente dalla catacomba di Callisto. Non è certamente il martire di Bergamo. Però è un decapitato.
Pagina 66 –qui si riprende la questione delle autentiche, usate per affermare quello che non dicono, come già spiegato in riferimento a pagina 65. Poi si allude alla spostamento ipotetico (aggiungo segreto! come se un santo così importante, traslato anche solo in parte, non lascerebbe traccia; però noi sappia dall’autentica del vaso di sangue - di cui abbiamo già parlato - per cui tutto queste supposizioni sono pura fantasia).
La cosa più curiosa è la separazione tra catacombe romane e Roma, come se i due elementi fossero agli antipodi (polo nord e polo sud), ma in realtà le catacombe romane sono a Roma, no? Questo per affermare che le reliquie di Pescolanciano non sono di un martire catacombale: ma noi sappiamo cos’è il vaso di sangue presente nel testo dell’autentica e citato come fonte autorevole dallo stesso volumetto, ma non considerato (sic!).
Pagina 67 e 68– Ecco la questione Melfi. La nota sulle mura: Melfi come Bergamo, come se altre città non hanno mura.
Poi la data 1626, inizio del culto di S. Alessandro a Melfi. Nel 1626, grazie alle insistenze presso Roma di mons. Diodato Scaglia, arrivarono alla Cattedrale 25 reliquie di santi martiri, che, collocati in reliquiari, furono custodite nelle tre bacheche divise a scomparti. Il 1626 è una data significativa, perché siamo nel periodo (XV – XIX secolo) di traslazione delle ossa dei martiri dalle catacombe. A Melfi però S. Alessandro è venerato il 9 febbraio e non il 26 agosto, perché? Il volumetto afferma che è una consuetudine locale. Ma è vero?
Il Martirologio Romano venera il 9 febbraio un martire di Roma di nome Alessandro. Quindi la data dice molto. Le reliquie di Melfi, giunte da Roma, sono venerate, identificandole, se pur empiricamente, con quelle del Martire del 9 febbraio.
La data è un elemento presente anche a Pescolanciano, come attestano i documenti, e il Martire è venerava dapprima il 27 febbraio. Si legge infatti
“nella descrizione delle ultime volontà di Don Fabio (D’Alessando) sul punto di morte, … in ogni giornata delli 27 di Febbraio si debba solennizzare la festa di d. Glorioso Martire, cominciando dal primo Vespero, con tutte le giornate seguenti, con farvisi celebrare in detta giornata delli 27 di Febraro tutto quel maggior numero di messe, che si potrà havere da sacerdoti delle terre, e luochi convicini. Ordinando di più che detto mio erede è chiamato ogni giorno a far celebrare una messa in detta cappella del cortile, ordinando ancora a detto mio erede procurare con tutta la diligenza la continuazione e prorogazione dell'Indulto Apostolico di poter far celebrare in ditta cappella la d. messa quotidiana, anche nelli giorni più solenni, conforme io l'ho ottenuto dalla Gloriosa memoria di Papa Innocenzo decimo, durante la mia vita”. (famigliadalessandro.it)
Difatti di santi Alessandro e Martiri del Martirologio Romano ce ne sono molti.
Da martirologio antico risultano due distinti Alessandro Martire, già nel 1610, ad esempio:
27 febbraio: Martire a Roma con Abbondio, Antigono e Fortunato
26 agosto: Martire a Bergamo della legione tebea
Queste date sono poi anche confermate dal Martirologio dal 1710 e dall’ultimo del 1956, prima della nova e contemporanea edizione, aggiornata ed epurata, degli anni 2000.
Questo dimostra che Don Fabio, cosciente che le reliquie erano di un martire romano, definì (comunque arbitrariamente) che erano quelle del Martire del 27 febbraio. Questa prassi era molta diffusa intorno a questo tipo di reliquie, di cui non si sapeva mai nulla, ed allora si cercava, quasi sempre, di dargli un volto e una storia di un omonimo del Martirologio Romano
Sarebbe poi interessante capire se le ossa era già di un martire di nome Alessandro oppure il nome fu imposto successivamente, prassi diffusissima, perché fossero donate a Don Fabio … D’Alessandro.
Nel Martirologio Romano del 1702 c’è anche un S. Alessandro soldato il 27 marzo, altra data in uso a Pescolanciano, per cui il cambio di data è indice di una ricerca di identificazione tra quelle ossa e un Martire già venerato la cui memoria era presente nel Martirologio Romano da secoli. Può anche darsi che il cambio di data sia dovuto ad una questione climatica: cercare la stagione più favorevole per vivere e far vivere una festa con tutti gli onori per Glorioso Martire. Ma se questa ipotesi fosse vera, perché non celebralo già in estate? Quindi non è vera…
Una nota curiosa. Il volumetto attinge dà una pagina web (famigliadalessandro.it), in cui ci sono delle immagini di Sant’Alessandro di Bergamo, tra cui un busto di S. Alessandro martire conservato nella sacrestia della Chiesa dell'Annunziata a Napoli, che non è il Martire di Bergamo, ma è un martire di Larino, socio di San Primiano. Perché dico questo? La fonte è molto confusa.
Quale conclusione?
Il bel volumetto - in una sua parte – ha voluto essere una apologia al Martire di Pescolanciano, ma in esso non trova sostegno, per quello che si legge, ma è palese una confusa ricostruzione di una identità, che lo stesso volumetto dice e contraddice, pur volevo fare il contrario.
Per salvare cavoli e capre, potremmo dire che le sacre reliquie sono di un martire romano, da cui si introdusse il culto per S. Alessandro a Pescolanciano, inizialmente venerato come un martire di Roma, poi successivamente è diventato – ma non saprei dire con ragionevolezza il come e il perché – il martire di Bergamo. Non essendolo potremmo solo accettare una ipotesi diplomatica, che a Pescolanciano si venerano due santi di nome Alessandro e Martiri: l’urna con il simulacro giacente che custodisce le ossa e il vaso di sangue è S. Alessandro di Roma; mentre la statua, il mezzo busto, e il dipinto, vogliamo accettare, per misericordia, che raffigurano S. Alessandro di Bergamo, anche se avevo già detto sopra diversamente … ma concludiamo in carità … che tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, come dice San Paolo, anche lui morto decapitato, che non sia anche lui il Martire di Bergamo?