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"Guerriero forte", "chi si vanta, si vanti nel Signore": Gerardo Maiella.

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 18La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. 19Sta scritto infatti:

Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti.

20Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dov'è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? 21Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. 22Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, 23noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; 24ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. 25Infatti ciò che è stoltezza di

Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. 27Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; 28quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, 29perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. 30Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, 31perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore. (1 Cor1)


IL NOME

Deriva dal nome germanico Gerhard, composto dai termini ger (o gaira, "lancia") e hart (o hard, hardu, "duro", "forte"). Il significato è interpretabile come "forte con la lancia"[4], "abile con la lancia"[5] o anche "guerriero forte”.

Latinizzato in forme quali Gherardus (direttamente dal tedesco Gerhard) Gerardus (dal francese Gérard), il nome Gerardo è diffuso maggiormente nell'Italia meridionale, soprattutto in Campania, nelle provincie di Foggia e Potenza e nella Calabria settentrionale. La variante Gherardo, invece, risulta più comune nel centro-nord Italia, mentre l'ipocoristico Gaddo è più tipico della Toscana.


Sebbene foneticamente simile, va precisato che il nome Giraldo non consiste in una variante di Gerardo, per quanto spesso i due nomi siano stati confusi l'uno con l'altro. (Wikipedia)






NEL MARTIROLOGIO E NELLA MEMORIA LOCALE

29 gennaio, beato Gerardo di Kremsmünster, abate

23 aprile, san Gerardo, vescovo di Toul

13 maggio, beato Gherardo di Villamagna, terziario francescano

25 maggio, beato Gerardo Mecatti, terziario francescano

29 maggio, san Gerardo, vescovo di Mâcon

6 giugno, san Gerardo dei Tintori, laico e fondatore dell’Ospedale

13 giugno, beato Gerardo di Chiaravalle, monaco, fratello di san Bernardo

30 luglio, san Gerardo Lutzelkolb, religioso francescano e martire

1 agosto, beato Gerarado (Gerhard) Hirschfelder, sacerdote e martire


a Dachau

11 agosto, san Gerardo pellegrino di Gallinaro, laico

24 settembre, san Gerardo Sagredo, detto "apostolo d'Ungheria", vescovo di Csanàd e martire presso Buda

3 ottobre, san Gerardo di Brogne, abate

13 ottobre, beato Gerardo, fondatore dell'Ordine di Malta

16 ottobre, san Gerardo Maiella, religioso redentorista

16 ottobre, beato Gerardo da Chiaravalle, abate, protomartire cistercense

30 ottobre, san Gerardo La Porta da Piacenza, vescovo di Potenza

15 novembre, beato Gerardo, religioso mercedario

5 dicembre, san Geraldo (Gerardo) di Braga, vescovo


29 dicembre, beato Gerardo Cagnoli, religioso francescano










IL SANTO


Gerardo Maiella. Umanamente parlando non è un granché: di costituzione gracile, di salute cagionevole, di istruzione scarsa. Anche perché ha dovuto iniziare a lavorare presto per mantenere la famiglia, visto che papà muore quando lui è ancora un bambino, senza aver avuto il tempo di insegnargli il suo mestiere di sarto. Finisce così, come apprendista, in casa di un sarto esperto, dove colleziona ingiurie e percosse, ma il ragazzino non si scompone più di tanto, perché sta imparando ad accettare tutto per “amor di Dio”. Quando potrebbe mettersi in proprio, decide invece di andare a fare il domestico nella casa del vescovo di Lacedonia: non è un posto molto ambito, perché il vescovo è prepotente, esigente e autoritario.

Quelli che l’hanno preceduto hanno resistito in quell’incarico al massimo tre settimane, lui vi resta per tre anni, cioè fino alla morte del vescovo, ed è forse l’unico a piangerlo sinceramente, perché è riuscito a scoprire i buoni sentimenti del padrone anche sotto la scorza di uomo burbero e insopportabile.

Tornato al paese, Muro Lucano, apre bottega, ma neanche come sarto è


un granché: prega più volentieri di quanto non sappia tagliare e cucire, è sempre incollato al tabernacolo o assorto in meditazione, più alla ricerca della volontà di Dio che attento alle esigenze dei clienti. La sua diventa la bottega del “sarto fai da te”, che non riesce a mettere un soldo da parte perché, quando si fa pagare, dopo aver comprato quello che serve alla mamma e alle sorelle, il suo denaro va a finire nelle tasche dei poveri o nella celebrazione di messe per i defunti.

Pensa seriamente di farsi religioso, ma la cosa è più facile a dirsi che a farsi: i Cappuccini gli dicono subito di no e anche con i Redentoristi le cose non vanno meglio: venuti in paese a predicare una missione, sono subito assediati e perseguitati da quel giovane che vuole diventare come loro e che essi non vogliono, perché oltre alla gracilità, che si vede ad occhio nudo, tutti lo descrivono come un po’ eccentrico, senza arte né parte, un buono a nulla, insomma. E così consigliano alla mamma di chiuderlo in camera, perché al momento della partenza non corra loro dietro. Il consiglio viene eseguito alla lettera, ma al mattino la mamma, nella stanza da letto, trova soltanto un foglio con poche, semplici parole: “Vado a farmi santo”. Annodando le lenzuola, infatti, il ragazzo è riuscito a calarsi dalla finestra: un’evasione in piena regola, un caso degno di “Chi l’ha visto”, se non fosse che di questa fuga si conoscono il motivo e la destinazione: raggiunti i missionari dopo dodici miglia, è riuscito, vista l’insistenza, a farsi accettare.


Lo mandano come “Fratello inutile” in vari conventi redentoristi, dove fa di tutto: il giardiniere, il sacrestano, il portinaio, il cuoco, l’addetto alla pulizia della stalla e in tutte queste umili semplicissime mansioni l’ex ragazzo “inutile” si esercita a cercare la volontà di Dio.

Ubbidientissimo, mortificato, devoto, semina amore e concordia mentre fa la questua. Ai poveri distribuisce tutto, anche i suoi pochi effetti personali. Nei semplici gesti che compie c’è del prodigioso e la gente grida al miracolo, che fiorisce al suo passaggio. Un giorno viene accusato di una relazione per lo meno sospetta con una ragazza: non si discolpa e non si giustifica, preferendo che la verità venga a galla da sola e cercando anche in questa prova dolorosa di fare la volontà di Dio. Sarà infatti discolpato proprio da chi l’aveva calunniato, mentre tutti ammirano il suo eroismo, la sua pazienza e la sua sopportazione. Un bel giorno è colpito dalla tubercolosi e deve mettersi a letto; sulla porta della sua cella ha fatto scrivere; “Qui si fa la volontà di Dio, come vuole Dio e fino a quando vuole Dio”.


Muore nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 1755: ha soltanto 29 anni, dei quali appena tre passati in convento durante i quali ha fatto passi da gigante verso la santità.

Beatificato da Leone XIII nel 1893, Gerardo Majella è stato proclamato santo da Pio X nel 1904. da allora è uno dei santi più venerati del nostro Meridione, si continua a ricorrere alla sua intercessione e, in particolare, è conosciuto come il “santo dei parti felici” per la particolare protezione che molte mamme hanno sperimentato durante la gravidanza e al momento del parto. (Gianpiero Pettiti)


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