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Santità nelle Marche

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Le Marche sono una regione meravigliosa.

Tutto è belle in questa regione. La storia cristiana della regione è ricca di una presenza di testimoni del Vangelo che è stupefacente.

Gli ordini religiosi hanno disseminato i suoi borghi e le sue città di tanti “Santi”.

Un congregazione religiosa singolare è quella dei Monaci Silvestrini, ramo dell’Ordine Benedettino, fondato da S. Silvestro Guzzolini nel XIII secolo.

L’ordine silvestrino annovera un santo, il Fondatore, e alcuni beati, tra costoro Giovanni da Paterno detto “del Bastone”, sepoltonella cripta della chiesa abbaziale di S. Benedetto in Fabriano.

Giovanni, nacque a Paterno nei pressi di Fabriano, all'inizio del sec. XIII. Mandato a studiare a Bologna, fu colpito da una piaga alla gamba che lo rese zoppo per tutta la vita e lo costrinse a fare costantemente uso di un bastone donde trasse l'appellativo. Verso il 1230 entrò nella Congregazione monastica da poco fondata da S. Silvestro. Visse per 60 anni in una piccola cella dell'Eremo di Montefano, distinguendosi per l'amore al nascondimento, per la prudenza e per l'illuminato consiglio. Morì il 24 marzo 1290 e venne tumulato nella cripta della chiesa di S. Benedetto in Fabriano, dove tuttora riposa. Nel 1772 Clemente XIV ne approvò il culto, iscrivendolo nell'albo dei Beati. Al Beato Giovanni è dedicata una chiesa in Sri Lanka.

Martirologio Romano: A Fabriano nelle Marche, beato Giovanni dal Bastone, sacerdote e monaco, compagno dell'abate san Silvestro.
 
Dalla «Vita del beato Giovanni dal Bastone, confessore e mirabile eremita», scritta dal Ven. Andrea

Per il santo uomo l'ascesa alla perfezione non consisteva nel seguire le vie tortuose della stima del mondo, ma nel salire i gradini delle virtù. Aveva circondato il chiostro del cuore con il rigore del silenzio fino a tal punto che a stento apriva la bocca per parlare a meno che non lo richiedesse l'edificazione o il bisogno altrui o fosse interrogato da qualcuno. E ciò per non macchiare la propria vita con qualche parola fuori posto. Era anche prudente e saggio consigliere, conosciuto per il suo buon senso e pieno di grazia presso Dio e presso gli uomini. Non solo il padre Silvestro ricorreva con fiducia al parere dell'uomo di Dio nelle questioni riguardanti l'utilità del monastero e dell'Ordine, ma anche i suoi successori di santa memoria fra Giuseppe e fra Bartolo, uomini timorati di Dio, facevano lo stesso, nella speranza che quanto a lui mancava per natura gli venisse supplito dal cielo per grazia. Nel trattare con persone secolari che gli chiedevano qualche consiglio, era dignitosamente composto e raccolto; teneva un linguaggio così puro e prudente che assolutamente nulla di riprovevole si poteva cogliere nel suo atteggiamento. Anche i suoi confratelli che lo consultavano su qualche difficoltà o dubbio, se ne partivano da lui quasi sempre pacificati e soddisfatti. Se qualcuno di loro era colpito da qualche avversità o malattia, lo compativa di cuore e gli portava il conforto della sua visita, addolcendo i suoi dolori e le sue amarezze con gli esempi dei santi e con le esortazioni delle Sacre Scritture. Verso i fratelli e gli ospiti che venivano da fuori, se non poteva fare nulla per manifestare la propria carità, dimostrava loro, se non altro, ogni possibile attenzione e offriva loro la sua presenza gioiosa. Molti salivano di proposito al monastero per ricevere edificazione e per vederlo e ritornavano a casa il più delle volte soddisfatti e stimolati dai suoi salutari insegnamenti. Nel frattempo, dietro comando del superiore, cominciò ad annunziare la parola di Dio prima ai fratelli e poi alle persone che accorrevano al monastero. Ciò che predicava lo confermava efficacemente con le opere e con gli esempi, ad imitazione del nostro Salvatore che cominciò ad agire e ad insegnare. Le sue prediche portavano grande frutto nel cuore degli ascoltatori, e quanto più frequentemente parlava, con tanto maggiore desiderio era ascoltato da tutti, perché le sue azioni non differivano minimamente dalle sue parole. Spesso i fratelli nella fede, che lo conoscevano meglio, spinti da devozione verso di lui, facevano ressa sulla porticina della sua cella e cominciavano in qualche modo a pressarlo per farlo uscire perché predicasse o almeno spiegasse loro le vite dei santi. Ed egli, così sollecitato, li accontentava sorridendo dolcemente. Non frammischiava alle sue prediche cose vane o ridicole, ma trattava argomenti che, nella salvaguardia della verità, potessero edificare i cuori degli ascoltatori. (c. 6, ed. Bibliotheca Montisfani 10, Fabriano 1991, pp. 131-133).

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