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Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

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“Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà”.
Rileggendo la vita di San Camillo - nome di battesimo che ricevette in omaggio alla madre Camilla de Compellis – ben si comprende l’esortazione di Gesù.

La vita di Camillo de Lellis., è stato un perdersi, per poi ritrovarsi nel Sangue Preziosissimo di Gesù – ecco perché ancora oggi portano sul petto, i camilliani, una grossa croce rossa: la grande conversione avviene, dopo una vita vagabonda, nel 1575 nel convento dei padri cappuccini di San Giovanni Rotondo, dove si era rifugiato nel 1574 da poveraccio dopo aver perso i suoi soldi al gioco.

Non si può qui fare una preghiera per tutti coloro che cadono, oggi, nella schiavitù del gioco: preghiamo San Camillo perchè lo Stato, consapevole di questo grave male sociale, non pensi solo al guadagno ma al bene complessivo dei suoi cittadini.

La Parola di Dio di oggi poi ci esorta:
“Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”.

È una esortazione alla conversione, e al coraggio per una vita piena di giustizia e di misericordia.
Papa Francesco ieri all’Angelus:
“Saluto ora con grande affetto tutti i figli e le figlie spirituali di san Camillo de Lellis, del quale domani ricorre il 400° anniversario della morte. Invito la Famiglia camilliana, al culmine di questo anno giubilare, ad essere segno del Signore Gesù che, come buon samaritano, si china sulle ferite del corpo e dello spirito dell’umanità sofferente, versando l’olio della consolazione e il vino della speranza. A voi convenuti qui in Piazza san Pietro, come pure agli operatori sanitari che prestano servizio nei vostri ospedali e case di cura, auguro di crescere sempre più nel carisma di carità, alimentato dal contatto quotidiano con i malati”.

San Camillo è patrono degli infermieri.
Preghiamo per loro perché come San Camillo sappiano servire con umanità e tenerezza ogni malato.
Infine questo 4 centenario della morte di San Camillo ci sproni a trovare la strada della nostra santificazione attraverso i piccoli gesti di ogni giorno:

“Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.
Amen.

Caterina di Demenna, monaca basiliana

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Luca di Armento (di Demenna), nacque nei primi decenni del secolo X da Giovanni e da Tedibia, esponenti del patriziato di Demenna, centro fortificato di Val Demone, regione nordorientale della Sicilia.

Luca di Demenna fu raggiunto dalla sorella Caterina e dai figli di questa. Tutta la famiglia di Caterina prese l'abito monastico e la sorella di L. fu posta alla testa di una nuova comunità femminile. L. infine, cui fu preannunciata la morte, chiuse la sua vita esemplare il 13 ottobre 693 secondo l'era del mondo, ossia l'anno 984 dell'Incarnazione (sebbene per un errore nel passaggio da un computo all'altro la traduzione latina della sua Vita riporti l'anno 993 dell'Incarnazione). Lo assistette nei suoi ultimi momenti, e lo seppellì, Saba, normalmente identificato, tra più personaggi omonimi, come Saba da Collesano.
 
Segni recenti del culto di questa santa monaca sono presenti in un eremo ortodosso a S. Lucia del Mela (ME) e nella chiesa di San Basilio Magno a S. Marco d'Alunzio (ME).

Vitaliano, il santo al quale guardare

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La riflessione del vescovo di Catanzaro-Squillace sui fatti di Oppido nell'editoriale de "La Gazetta del Sud" di domenica 13 luglio
Di Mons. Vincenzo Bertolone
CATANZARO, 13 Luglio 2014 (Zenit.org) - «La religiosità popolare, se ben orientata, manifesta una sete di Dio che genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione».
I fatti di Oppido, e le parole consegnate da papa Paolo VI all’eternità attraverso la Evangelii nuntiandi, non possono rimanere estranei alla riflessione alla quale Catanzaro è chiamata nella festa del suo patrono, san Vitaliano, il cui culto è praticato anche in altre località dell’Italia meridionale, in particolare Capua, nel segno di una comune vicinanza ad un Vescovo che ha custodito fedelmente il gregge affidatogli, mantenendo ferma la sua fede cristiana e superando assalti e violenze, forte del valore della contemplazione e dell’orazione, oltre che dell’azione.
Per questa via il santo campano mostra che cosa sia necessario fare di fronte alle insidie che quotidianamente si traducono in inciampi alla vita ed alla fede. Lo fa all’insegna della gioia e dell’amore, sentimenti che egli provò e manifestò donando tutto se stesso al popolo, che l’aveva entusiasticamente voluto salvo per poi rinchiuderlo in un sacco e gettarlo nel fiume Garigliano, prima di far ricorso a lui, sopravvissuto miracolosamente, nei giorni della carestia, della siccità e della peste. Una testimonianza che pone in rilievo come spesso, forse troppo spesso, l’uomo viva come se Dio non esistesse, trattando con indifferenza e superficialità le virtù umane e cristiane.
Guardando a san Vitaliano si è invece invitati a riscoprire la bellezza del tempo della formazione e della catechesi e, soprattutto, verificare la congruenza tra quanto viene creduto dottrinalmente e quanto bisogna vivere, socialmente ed ecclesialmente, sia individualmente, sia come comunità. Ma si è spinti anche ad approfondire l’essenza del rapporto personale e collettivo di fede con Dio, che sfocia pure nelle manifestazioni religiose nell’ambito delle quali capita di dover assistere, come i recenti fatti di cronaca attestano, ad altrettanto serie divaricazioni tra l’essere e l’apparire, tra ciò in cui si dice di credere e ciò in cui davvero si crede, come fanno i cattivi cristiani, quali gli uomini e le donne di mafia.
 
 
 
Ma in queste fratture non c’è spazio per equivoci: guai se ci fosse! Così come peccato e bene non sono compatibili, anche Vangelo e mafia sono incompatibili, e non conduce a conclusione diversa l’ostentazione di santini o l’esibizione di sé durante i riti della tradizione popolare. In casi del genere l’unica strada che consente di entrare a far parte del gregge di Dio è quella della conversione, che presuppone il riconoscimento degli errori, l’accettazione della giustizia umana e, soprattutto, l’assoggettamento all’espiazione e alla riparazione del male commesso.
È da qui, dall’impegno per non tradire il mandato spirituale che dal sacrificio di san Vitaliano deriva, che occorre ripartire se si vuole cambiare se stessi e la propria terra, protesi verso orizzonti di pace, fraternità, giustizia e di testimonianza di una fede vera, autentica.
 
 
 

Prega per noi il Signore Gesù ...

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Tu che sei stata liberata da
sette demoni
Prega per noi il Signore Gesù:
Che noi siamo liberati
Da ciò che ci incatena lontani
da Lui
Che è la sorgente dell 'amore
e del perdono






Tu che sei stata scelta
per essere la prima testimone
di Gesù Cristo
liberato dai lacci della morte
Prega per noi il Signore Gesù:
Che noi possiamo vivere in pienezza
nella comunione del Padre,
del Figlio e dello Spirito




 

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

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Il regno dei cieli è simile …
Cosa è per noi il regno di cieli? Ma noi siamo coscienti che c’è un regno dei cieli, già in mezzo a noi? A cosa lo rendiamo simile? Noi come discepoli di Gesù viviamo e rendiamo visibile la novità del regno dei cieli?

Due esempi, un po’ aspri, duri, ma veri, su cosa emerge nel nostro quotidiano, spiccio, circa il regno dei cieli.

Il primo.

“Questi qui son tutti terüni, non c’è nemmeno un italiano”.

È l’ennesima esperienza di insipienza cattolica, spiccia, che ho vissuto questa settimana.

Voi direte il solito ignorante!
Oppure si potrebbe dire la solita affermazione che è sintomo di una cultura cristiana che è incapace di amare la legge di Dio nella quale trovare la saggezza e l’intelligenza della vita, in cui distinguere il bene dal male?

Il secondo.

“Voi del nord siete senza valori.
Drogati, convivente, non avete più i valori della famiglia”

Un’altra affermazione ascoltata in questa settimina. Da un giovane siciliano, il quale si era però dimenticato, ad esempio, che sono le mafie che importano le droghe e che la zizzania cresce con il buon grano sia al Nord, che al Centro, che al Sud non solo d’Italia, ma del mondo.

Stando alla Parola di Dio di questa domenica, tutti siamo chiamati a “concorrere al bene” perché amando Dio e la sua legge siamo costruttori del regno dei cieli.

Il regno dei cieli che è un tesoro nascosto nel campo, ed aggiungo: “Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno”.
Un tesoro, il regno, su cui investire tutto il cuore, la mente e le forze: “vende tutti i suoi averi e compra quel campo”.

Il regno dei cieli che è come una perla preziosacon cui adornarsi, invece di ricoprirsi con surrogati del regno dei cieli o con abiti fatti “in casa” secondo la propria misura e non prendendo come misura Gesù: “Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne”.
Dove “della carne” non vuol dire solo esclusivamente della carnalità, sessualità, ma della mentalità mondata, di un modo di vivere la vita senza la vitalità dello Spirito Santo.

Il regno dei cieli che ci dà la misura di una fraternità come una rete “che raccoglie ogni genere di pesci”.

Solo alla fine dei tempi ci sarà la cernita tra il pesce buono e il pesce cattivo, ora a noi non è chiesto di definire chi è buono e chi è cattivo, ma cosa è il bene e cosa è il male nella sapienza del Vangelo e vivere in questa sapienza per edificare veramente il regno dei cieli divenendo discepoli dal cuore docile perché sappiamo rendere giustizia ad ogni uomo e sappiamo distinguere il bene dal male. Amen.

Primo Giorno della novena di S. Rocco

Secondo Giorno della novena di S. Rocco

Terzo Giorno della novena di S. Rocco


XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

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fèrmati sul monte alla presenza del Signore
(1 Re 19)

dov’è presente il Signore?

il sussurro di una brezza leggera(1 Re 19)

cosa è per noi questo sussurro?

Si racconta nella vita del S. Curato d’Ars di quell’uomo che stava davanti all’eucaristia: “Lui mi guarda e io lo guardo”
La prima presenza del Signore è quella dell’Eucaristia.
Credo che ci siamo un po’ dimenticati di questo.
Spesso le nostre Chiese sono una caciara di senza Dio,che entrano ed escono come se fossero al bar.
I fratelli delle Chiese Riformate quando entrano in Chiesa non trovano nessuno, perché non hanno la presenza eucaristica, eppure non credo che schiamazzano entrando, uscendo o dimorando.
Dobbiamo recuperare il senso del sacro, è il segno della presenza di Dio.
Il popolo dell’islam entra in moschea scalzo, come Mosè sul Sinai, perché è nel luogo sacro dell’incontro con Allah. Noi invece non entriamo scalzi, ma in realtà entriamo in modo smodato e nel luogo abitato da Colui che i cieli non posso contenere ci permettiamo di tutto. Gli altri credenti delle altre fedi ci devono far vergognare di come noi ci accostiamo al sacro.
Ma noi crediamo che esiste ancora un luogo sacro?
Cosa è per noi il sacro?
Non crediamo nemmeno più che è sacra la vita, dono di Dio; che è sacro il matrimonio; sacra è parola data.

Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello …(1 Re 19)
Riscopriamo la sacralità della presenza divina per poi vivere la sacralità dell’uomo creatura di Dio, per saperci accostare a lui con rispetto, con compassione, con carità … con il volto coperto così da guardarlo come lo vede il Signore così da sentire il sussurro del suo desiderio di vita, di amore e di speranza.

ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. (Rm 9)

Così esprime il rammarico profondo l’Apostolo perché i suoi fratelli e le sue sorelle non conoscono e non accolgono “la verità in Cristo” (Rm 9).
Se pur liberi nella libertà altrui, perché così si pone Dio con ogni uomo, però con nel cuore un spina di fronte al vuoto d’amore dell’umanità.
Dobbiamo essere il bicchiere, la spugna, che disseta il grido eterno di Cristo sulla croce: “Ho sete!”.
Ricordando Madre Teresa, affermava Giovanni Paolo II:

Nel silenzio della contemplazione, Madre Teresa di Calcutta sentiva risuonare il grido di Gesù sulla croce: "Ho sete". Questo grido, raccolto nel profondo del cuore, la spingeva sulle strade di Calcutta e di tutte le periferie del mondo, alla ricerca di Gesù nel povero, nell'abbandonato, nel moribondo.(San Giovanni Paolo II)

Solo che è dissetato ed ha riempito la sua anfora alla Sorgente della vita può a sua volta essere dispensatore di acqua che zampilla per la vita eterna.

il vento infatti era contrario. (Mt 14)
in questo progetto di riscoperta del sacro e della sacralità tutto appare contrario.
Soffia una mentalità cristiana secolarizzata, più attenta alla conservazione, all’adempimento dei precetti, che alla svolta epocale istaurata da Gesù.
Soffia un mondo, che facciamo anche noi, in continua opposizione con la vita che il Vangelo ci insegna, come se il Vangelo ci proponesse una vita malvagia: la vita buona del Vangelo ci richiama allo scardinamento della dittatura dell’idolatria della libertà soggettiva, dittatura che si propone ogni dove, il dio che regge il mondo odierno (e anche noi cristiano, per cui di fronte ai disvalori del mondo non poniamo opinioni!!)
Soffia la bestia antica, il nemico invidioso, che continua la sua opera subdola di allontanamento dal Signore, facendoci cadere nel peccato antico: la disobbedienza come ricerca di libertà.
Ma noi sappiamo che le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (Mt 16,18)

Il vento contrario soffia!
Ma il sussurro del Regno è ciò che deve ridestare la nostra speranza. Ci deve dare il coraggioquasi oltraggioso di Pietro, di fare ciò che fa il maestro: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». (Mt 14)

Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». (Mt 14)

Ma la fede non è camminare sulle acque,la fede è stare sulla barca, facendosi guidare da Gesù gettando la rete al suo comando e per approdare al porto della vita eterna.
Non dubitare, stai sulla barca …. Solo chi riconosce Colui che rende sacra ogni cosa, vive una vita capace di sacralità.

Rispondeva Madre Teresa: «Figlio mio, senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati: io sono soltanto una povera donna che prega. Pregando, Dio mi mette il Suo Amore nel cuore e così posso amare i poveri. Pregando!» Amen.

Quarto Giorno della novena di S. Rocco

La "Monachella di San Bruno"

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serva di Dio
Mariantonia Samà


1953, 27 May in Sant’Andrea Ionio, Catanzaro (Italy)
   
        MARIA ANTONIA SAMÀ
        layperson of the archdiocese of Catanzaro-Squillace
        born: 02 March 1875 in Sant’Andrea Ionio, Catanzaro (Italy)
       
        competent forum: Catanzaro-Squillace
        CCS protocol number: 2795
        type of cause: heroic virtues
       
        opening of diocesan inquiry: 05 August 2007
        nihil obstat: 29 September 2007
        closing of diocesan inquiry: 02 March 2009
        decree on validity of diocesan inquiry: 09 June 2012
 
 
+ 27maggio 1953, Sant’Andrea Ionio, Catanzaro (Italia)
   
        MARIA ANTONIA SAMÀ
        laica dell'Arcidiocesi Catanzaro-Squillace
        nata: 2 marzo 1875 in Sant’Andrea Ionio, Catanzaro (Italia)
       
        istitutore processo: Catanzaro-Squillace
        CCS numero di protocollo: 2795
        tipo di causa: virtù eroiche
       
        apertura del processo diocesano: 5 agosto  2007
        nihil obstat: 29 settembre 2007
        chiusura del processo diocesano: 2 marzo 2009
        decreto validità del processo diocesano: 9 giugno 2012
 
 
per la Biografia vedi la SCHEDA

Beato Alfredo Ildefonso, prega per noi!

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(p. David Maria Turoldo, osm)

oggi è 60 anni dalla pia morte del beato Arcivescovo di Milano: luminoso esempio di pastore per la Chiesa di Dio che è in Milano
 
 
Sento da più parti, che il Signore desidera una riforma nel Clero e negli Ordini Religiosi. La veste canonica c'è, ma sotto questa veste, talora c'è poco spirito! La vera crisi sta tutta qui. (25 giugno 1945)

Dopo 60 dalla morte del Beato c'è chi si nasconde sotto la veste canonica nella speranza di avere così lo Spirito, ma la prima crea sconcerto in alcuni, ed in altri è solo un gran vuoto di umanità e di fede, solo apparenza.
 
Purtroppo, ... un Cristianesimo in gran parte svuotato del suo contenuto [...] Bisogna anzitutto riportare il Clero allo spirito evangelico, indi la Parrocchia, la Diocesi e la Chiesa, in quanto massa. Sono necessari i Santi. Solo essi comprendono tali problemi e li sentono. Gli altri no. (3 settembre 1950)

Tutto il pontificato di San Giovanni Paolo II è stato un esortare alla necessità della santità, solo i Santi rinnovano la Chiesa. Preghiamo per al santità del clero, dei religiosi e del popolo di Dio.
 
Il grande errore del secolo, che si infiltra anche nel santuario e nei chiostri, è il naturalismo, che prende il posto del soprannaturale. Quale seduzione! Ecco perché gran parte dell'attività ecclesiastica è scarsa di frutto [...]. E' soprattutto la formazione del giovane clero, che bisogna curare nei seminari e nei noviziati dei Regolari; specialmente in questi ultimi. Molti Ordini sono divenuti innanzi a Dio alberi sterili: rami e foglie, senza frutto per il Signore. (20 ottobre 1950)

Bisogna tornare a pensare come pensa Dio e non gli uomini!
 
L'atmosfera di Dio è quella della Fede, della grazia, dell'orazione, mentre ora, anche i Religiosi, preferiscono un'atmosfera di razionalità, di attivismo, di accomodamento allo spirito del secolo. (2 novembre 1953)
 
La Madonna piange anche sul Santuario, e sui Chiostri. Si ragiona troppo, e si vive poco di Fede. All'ubbidienza ecclesiastica e religiosa, sottentra il culto della personalità. Alla mortificazione sacerdotale e cristiana, succede uno spirito edonistico, che è affatto nemico alla Croce di Cristo. Anche il clero va secolarizzandosi nello spirito. Sono cose che mi fanno paura. (22 febbraio 1954).
 



 
PREGHIERA
Padre origine di ogni bene, noi ti lodiamo e ti ringraziamo perché nel beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster ci hai donato e fatto conoscere un pastore mansueto e infaticabile, uomo “tutto preghiera”, testimone della pace che tu solo sai donare.
Signore Gesù, Figlio di Dio, tu sei stato per il cardinal Schuster modello di vita:
per tuo amore fu servo appassionato di tutti, consumando ogni giorno della sua esistenza perché ciascuno potesse trovare te, Signore della vita, della pace e della gioia. Il suo esempio ci stimoli e la sua preghiera ci accompagni , perché anche noi doniamo la vita al servizio di ogni essere umano.
Spirito dell’amore, che ci rendi santi, concedici di raccogliere il suo invito alla santità. Rendici capaci, come lui lo è stato, di amare i poveri, i dimenticati, i perseguitati; donaci la forza di dialogare con tutti, con la fiducia di scoprire in ogni cuore il seme germogliante del tuo amore. Amen.

SAN LIBERATO AGOSTINIANO MARTIRE (1)

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Nella ridente valle santa reatina esiste una piccolo borgo, frazione di Cantalice, denominato San Liberato.
Qui nella piccola e graziosa chiesa parrocchiale è venerato San Liberato Martire.

Il nome Liberato deriva dai tardi nomi latini Liberatus, Liberator e Liberata, derivati da "liberare".
È diffuso per le forme fondamentali al Centro ed al Sud Italia. La forma Liberanteè tipica della Sicilia.

Il nome è diffuso tra i santi e il beati del Martirologio Romano e tra i innumerevoli martiri delle catacombe romani, i “corpi santi”.





Nel Martirologio Romano è presente:
- San Liberato (Liberale) Martire a Roma, 20 dicembre
- Beato Liberato Weiss e compagni martiri francescani, 3 marzo
- Santi Liberato, Bonifacio, Servio, Rustico, Rogato, Settimo e Massimo agostiniani martiri, 2 luglio

Sono poi presenti altri santi e beati con questo nome, ad esempio San Liberato da Loro Piceno francescano marchigiano, venerato il 6 settembre.




Molti anche i cosiddetti “corpi santi”.




Tra di essi ricordiamo: San Liberato Martire di Calvisi Sannitico di Gioia Sannitica (CE), autenticate nel 1687; San Liberato Martire di Roccamorfina (IS), estratte dalla catacomba di Ponziano, e autenticate nel 1780; San Liberato Martire di Fratta Polesine (RO), estratte dalla catacomba di Felice ed Adautto, e autenticate nel 1727; San Liberato Martire di San Marco la Catola (FG), estratte dalla catacomba di Priscilla, e autenticate nel 1754. Per citarne alcuni tra i più famosi e venerati.




La domanda ora è ovvia: chi è il patrono di San Liberato di Cantalice (RI)?
La risposta non è così semplice.

SAN LIBERATO AGOSTINIANO MARTIRE (2)

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S. Liberato, frazione di Cantalice, è un piccolo centro di circa 500 abitan­ti ubicato al confine nord del comprensorio comunale. Il nome gli deriva dal Santo Patrono, abate agostiniano, a cui è intitolata la Chiesa parrocchiale costruita su una rupe spugnosa. Questa è di origine molto antica. Con il nome di oratorio o monastero, è citata nella bolla del 1153 del Papa Anastasio IV inviata al Vescovo di Rieti Dodone, in merito alla delimitazione dei confini dato che la diocesi era divisa politicamente tra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa; ancora per lo stesso motivo è menzionata nella bolla del 1182 del Papa Lucio III al Vescovo Benedetto. La Chiesa di S. Liberato, pur essendo sog­getta alla giurisdizione canonica della Diocesi di Rieti, come feudo era dipen­dente dall’Abbazia di Ferentillo in Val Nerina e godeva dell’esenzione da ogni gravame di tasse nei confronti di grandi e piccoli feudatari dal 1178, quando l’Imperatore Federico I di Svevia, prendendo sotto la sua protezione il Vescovo e la chiesa reatina, concesse tale privilegio

Questo certamente favorì il sorge­re di alcuni nuclei abitativi attorno al piccolo oratorio. Nei primi anni del 1600 fu elevata a parrocchia e, pur essendo ancora sog­getta all’Abbazia di Ferentillo, si trovava sotto la giurisdizione canonica della Diocesi di Cittaducale che si era formata nel 1502 con le chiese sottratte alla Diocesi di Rieti nella parte del Regno di Napoli. Dal 1818, soppressa la Diocesi di Cittaducale, ha fatto parte della Diocesi dell’Aquila per essere riannessa defi­nitivamente a quella di Rieti nel 1972.




Da qui si deduce che il Santo dell’omonimo borgo è l’abate agostiniano Liberato, così raffigurato nella statua posta nella nicchia a destra dell’altare.

Per possiamo dire che a San Liberato sono venerati due santi di questo nome.




Infatti a destra della suddetta statua è posta un’altra nicchia in cui sono custodite le reliquie, se pur poche, dei Santi Martiri Liberato, Aurelio e Felciano, estratte dalla catacombe di Ponziano, in Roma, e autenticate nel 1683 e solo in seguito donate alla Chiesa di S. Liberato.




Quindi si può capire che il piccolo borgo ha due patroni di nome Liberato: l’abate agostiniano Liberato, il cui culto è presente in altre località del centro Italia (es. Narni, Civita Castellana) e il martire romano Liberato, le cui reliquie sono presenti in parrocchia solo dopo il 1683.

Concludendo due notizie sul martire agostiniano.

Giovedì della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

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Oggi la Chiesa ricorda una delle sante che universalmente sono conosciute: Santa Rosalia vergine, eremita di Palermo.
La Santa è raffigurata con alcuni simboli (vestito da pellegrino, teschio, libro, bastone, serto di rose) che decrivono la sua vita, la cui sintesi è bene descritta dall’Apostolo Paolo nella sua lettera ai Corinzi, appena ascoltata: “voi siete di Cristo”.

La verginità di Rosalia, la sua povertà e la sua vita penitente ed eremitica dicono a noi dopo 854 dalla sua morte, avvenuta a Palermo il 4 settembre 1160, che la “Santuzza” come la chiamano i palermitana, si sentiva tutta di Gesù.



Il teschio che tiene tra le mani, a noi fa un po’ orrore, ma ci riporta all’affermazione di San Paolo: Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio.

Ma la sapienza di Dio, ciò che il mondo chiama stoltezza, che dobbiamo cercare?
È il Vangelo di oggi, la pesca miracolosa:
«Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
La sapienza di Dio è l’obbedienza alla sua parola, che deve diventare stile di vita.
Ecco perché la “Santuzza” ha un mano il libro della Parola di Dio, perché solo obbedendo a Gesù si può camminare in questo mondo ed essere un serto di rose del giardino del Cielo già su questa terra.


Signore Gesù,
riempici di stupore
come quel giorno sul lago di Gennèsaret.
Noi sappiamo di essere peccatori,
ma siamo certi che se rimaniamo
sulla tua parola
ci farai pesci della tua rete,
ci farai pescatori del tuo Regno.
Amen.

SAN LIBERATO AGOSTINIANO MARTIRE (3)

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Sant’Agostino ricevuto il battesimo da Ambrogio, a Milano, nel 387, ritorna in Africa per mettere in atto il suo proposito di vita monastica. Anche quando divenne vescovo, nel 395, e poi per tutta la vita, visse da monaco, pur assillato dalle tante occupazioni pastorali e propagò con ogni mezzo la vita religiosa in tutta l'Africa cristiana.
Alla sua morte, avvenuta nel 430, Agostino lascia alla Chiesa monasteri maschili e femminili, ben fiorenti di religiosi e religiose e di ricche biblioteche.
Le invasioni dell'Africa romana prima da parte dei Vandali poi degli Arabi distrussero le fondazioni monastiche agostiniane.





Fra i monasteri africani che l'Ordine considera di ispirazione fondamentalmente agostiniana, riveste una importanza particolare quello di Gafsa in Tunisia per il martirio dei suoi religiosi: Bonifacio diacono, Liberato abate, Severo, Rustico, Rogato, Settimio e Massimo monaci.
In seguito all'editto emanato nel 484 dal re Unnerico che ordinava la consegna ai mori dei monasteri con i loro abitanti, i sette religiosi di quel monastero furono incarcerati e, dopo aver sopportato acerbe prove, vennero martirizzati a Cartagine, offrendo un grande esempio di fede e di unione fraterna. La loro celebrazione fu concessa all'Ordine il 6 giugno 1671 e la memoria liturgica ricorre il 2 luglio, secondo il Martirologio Romano: “Commemorazione dei santi martiri Liberato, abate, Bonifacio, diacono, Servio e Rustico, suddiaconi, Rogato e Settimo, monaci, e il fanciullo Massimo: a Cartagine, nell’odierna Tunisia, durante la persecuzione dei Vandali, sotto il re ariano Unnerico, furono sottoposti a crudeli torture per aver confessato la fede cattolica e difeso l’unicità del battesimo; uccisi a colpi di remi sul capo mentre erano inchiodati a legni su cui si era tentato di bruciarli, conclusero il corso del loro ammirevole combattimento, ricevendo dal Signore la corona del martirio”.




FONTI e BIBLIOGRAFIA

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II appendice – Ed. Città Nuova
* Bellini P. – Il progetto agostiano di vita. La famiglia agostiana tra utopia e realtà – Tolentino, 1982 (I edizione)
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Casagrande Gianfranco – Conoscere e amare i Santi e i Beati Agostiniani – Editrioce Shalom, 2009
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2013
* Provincia Agostiniani d’Italia – Messale Agostiniano – Roma, 1976
* Rojo Martìnez Fernando – Il fascino di Dio. Profili di agiografia agostiniana – Roma, 2000
* sito web di chiesacattolica.it
* sito web di newsaints.faithweb.com
* sito web di prolococantalice.it
* sito web di santiebeati.it
* sito web di wikipedia.org

Novena a San Sostene (1)

Novena a San Sostene (2)

Novena a San Sostene (3)

Novena a San Sostene (4)

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