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San Brizio, prega per noi!

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"A Tours nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Brizio, vescovo, che, discepolo di san Martino, succedette al maestro e per quarantasette anni fece più volte fronte a varie avversità".

ITALIA ... paese a sud di Catanzaro

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Il nome deriva dal vocabolo Italói, termine con il quale i greci designavano i Vituli (o Viteli), una popolazione che abitava nella punta estrema della nostra penisola, la regione a sud dell’odierna Catanzaro, i quali adoravano il simulacro di un vitello (vitulus, in latino). Il nome significa cioè “abitanti della terra dei vitelli”. Fino all’inizio del V secolo avanti Cristo, con Italia si indicò solo la Calabria, in un secondo tempo il nome fu esteso a tutta la parte meridionale del Paese.
Dalla Calabria alle Alpi. Nel secolo III, dopo le vittorie riportate dai romani contro i Sanniti e contro Pirro, si estese fino al Magra e al Rubicone. Nel 49 avanti Cristo, quando anche alla Gallia Cisalpina furono concessi i diritti di cittadinanza romana, anche le regioni settentrionali della penisola presero il nome di Italia. Tali confini vennero ulteriormente dilatati con la riforma amministrativa di Augusto (27 dopo Cristo) che li portò a ovest al fiume Varo (presso Nizza) e a est al fiume Arsa, in Istria. (da Focus)

La regalità di Cristo: la santità dei discepoli!

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Oggi vengono proclamati 6 nuovi santi: 4 italiani e 2 indiani!
 


         Glória in excélsis Deo
         et in terra pax homínibus bonæ voluntátis.
Laudámus te,
benedícimus te,
adorámus te,
glorificámus te,
grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam,
Dómine Deus, Rex cæléstis,
Deus Pater omnípotens.
 
Dómine Fili Unigénite, Jesu Christe,
Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris,
qui tollis peccáta mundi, miserére nobis;
qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram.
 
Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis.
Quóniam tu solus Sanctus, tu solus Dóminus,
tu solus Altíssimus,
Jesu Christe, cum Sancto Spíritu: in glória Dei Patris.
Amen.

Io mi abbando a Te!

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Padre mio,
io mi abbandono a te,
fa di me ciò che ti piace.

Qualunque cosa tu faccia di me
Ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La tua volontà si compia in me,
in tutte le tue creature.
Non desidero altro, mio Dio.

Affido l'anima mia alle tue mani
Te la dono mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore
perché ti amo,
ed è un bisogno del mio amore
di donarmi
di pormi nelle tue mani senza riserve
con infinita fiducia
perché Tu sei mio Padre.

Beato Carlo di Gesù (Charles de Foucauld) Religioso
Strasburgo, Francia, 15 settembre 1858 - Tamanrasset, Algeria, 1 dicembre 1916




«Guardiamo i santi – è l’invito del beato Charles de Foucauld–, ma non attardiamoci nella loro contemplazione, contempliamo con essi Colui la cui contemplazione ha riempito la loro vita, approfittiamo dei loro esempi, ma senza fermarci a lungo nel prendere per modello completo questo o quel santo, e prendendo di ciascuno ciò che ci sembra più conforme alle parole e agli esempi di nostro Signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù».

Nostrum Parentem maximum!

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6 dicembre, solennità di S. Ambrogio patrono della Diocesi e città di Milano.

Io sono stato chiamato all'episcopato dal frastuono delle liti del foro e dal temuto potere della pubblica amministrazione. Perciò temo di essere giudicato un ingrato, se amo di meno, mentre mi è stato rimesso di più... Conserva, Signore, la tua grazia, custodisci il dono che mi hai fatto nonostante le mie ripulse. Io sapevo che non ero degno d'essere chiamato vescovo, perché mi ero dato a questo mondo. Ma per tua grazia sono ciò che sono, e sono senz'altro l'infimo (cfr. 1Cor 15,9) fra tutti i vescovi e il meno meritevole; tuttavia, siccome anch'io ho affrontato qualche fatica per la tua santa Chiesa, proteggine il risultato. Non permettere che si perda, ora che è vescovo, colui che, quand'era perduto, hai chiamato all'episcopato, e concedimi anzitutto di essere capace di condividere con intima partecipazione il dolore dei peccatori. Questa, infatti, è la virtù più alta... Anzi, ogni volta che si tratta di uno che è caduto, concedimi di provarne compassione e di non rimbrottarlo altezzosamente, ma di gemere e piangere, così che, mentre piango su un altro, io pianga su me stesso (Ambrogio, La penitenza, II, 8, 67 e 73: SAEMO 17, pp.265,267,269).
 
 
 
 
 
 
Sant’Ambrogio (Vespri)
Il canto festoso si leva «Nostrum parentem maximum»
 
1. Il canto festoso si leva
al padre e pastore animoso,
che in tempi insicuri apparve
presidio di forte speranza.
2. Ed ecco, una voce di bimbo
nel popolo incerto e discorde:
«Ambrogio sia vescovo!» - grida,
e lieti acclamano tutti.
3. Così un maestro la Chiesa
conobbe gioiosa e invidiata;
così la protervia di Ario
per sempre fu vinta tra noi.
4. Insegna i canti di Dio
che unanime il popolo accoglie;
rigenera, padre amoroso,
al fonte di grazia Agostino.
5. È l’alba del sabato santo:
nutrito del corpo di Cristo,
nel giorno che aveva predetto
si avvia alla Pasqua eterna.
6. Ambrogio, ancora il tuo gregge
minacciano lupi rapaci:
disperdi ogni insidia funesta
e guidaci a tempi di pace.
7. All’unico e trino Signore,
che premia fatiche e speranze
di gioia ineffabile in cielo,
nei secoli gloria e onore. Amen.
 

Maria, tu sei per me!

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Maria, tu sei per me,
Madre spirituale e Maestra di vita, Regina potente.
Non ti chiedo visioni o rivelazioni, né esperienze spirituali straordinarie.
Madre carissima: che io abbia il tuo spirito per conoscere Cristo e il suo Vangelo.
Amen.

Stefano, un fuoco dello Spirito!

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opera Prato Museo di Palazzo Pretorio

 
Nella Chiesa apostolica il giovane Stefano è stato un fuoco dello Spirito.
L’evangelista Luca ci riferisce le circostanze della elezione di Stefano al diaconato (Atti 6,1-6): la tensione tra i cristiani di origine palestinese e quelli della diaspora, ed ogni comunità correva pericolo di chiudersi in se stessa.
Stefano è l’uomo che incarna l’unità in Dio. Essere una sola comunità nella carità.

Ieri abbiamo celebrato la nascita nel tempo del nostro Re eterno, oggi celebriamo la passione trionfale del soldato.
Il nostro Re, l’Altissimo, venne per noi umile, ma non poté venire a mani vuote; infatti portò un grande dono ai suoi soldati, con cui non solo li arricchì abbondantemente, ma nello stesso tempo li rinvigorì perché combattessero con forza invitta. Portò il dono della carità, che conduce gli uomini alla comunione con Dio. (Fulgenzio di Ruspe)
 


 
I sette Diaconi, tra cui Stefano sono di origine greca, ciò equilibrava in parte l’autorità dei «Dodici» di origine palestinese.
Una comunità iniziale che era fatta di una diversità equilibrata.

Stefano quindi, … Sostenuto dalla forza della carità vinse Saulo che infieriva crudelmente, e meritò di avere compagno in cielo colui che ebbe in terra persecutore. La stessa carità santa e instancabile desiderava di conquistare con la preghiera coloro che non poté convertire con le parole. (Fulgenzio di Ruspe)

La carità di Stefano è l’arma del suo conquistare a Cristo, lì dove non arriva l’eloquenza della parola.
La carità è la grande testimonianza che è chiesta al discepolo.

La carità dunque è la sorgente e l’origine di tutti i beni, ottima difesa, via che conduce al cielo. Colui che cammina nella carità non può errare, né aver timore. Essa guida, essa protegge, essa fa arrivare al termine.(Fulgenzio di Ruspe)

Il più grande gradino della carità è il perdono dei nemici.

Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.

Il racconto della «passione di Stefano» è modellato da Luca sul racconto della Passione di Cristo. Come il Maestro, anche Stefano morì perdonando ai suoi uccisori. La santità cristiana è viva imitazione di Cristo.

Dio si è fatto portatore di carne perché l’uomo possa divenire portatore di Spirito.(Atanasio di Alessandria)

Egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio».
Egli, infinito si è fatto finito, per dare a noi nello nostra finitezza di avere lo sguardo dell’infinito che è l’amore!
Dio è amore
Amen.

L'attività fisica ...

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Colui che si attacca all'attività fisica come essenziale, finirà lui stesso per diventare materiale, si andrà pian piano raffreddando e il suo cuore si commuoverà sempre di meno... Questo non significa che dobbiamo lasciar perdere il lavoro esteriore, il quale anzi complementare di quello interiore: entrambi dovrebbero procedere insieme. La priorità dev'essere data all'adorazione interiore, perché bisogna servire Dio in spirito e verità. Le due attività sono interdipendenti, ma dobbiamo sempre aver presente il loro valore rispettivo: dobbiamo impedire che l'una prevalga sull'altra o che siano motivo di divisione nella nostra fedeltà a Dio.

(Teofane il Recluso, in Caritone di Valamo, " L'arte della preghiera", Gribaudi, Milano 1980, p. 80)

 
* Teofane il Recluso, anche conosciuto come Feofan Zatvornik, al secolo Georgij Vasilievič Govorov, in russoФеофан Затворник (Černavsk, 1815Vjša, 1894), fu un monacorusso, glorificato come santo dal Concilio Locale della Chiesa ortodossa russa del 1988 tenutosi al Troice-Sergieva Lavra.

Se non ritornerete ...

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In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli” (Mt 18, 1-4).

«Farsi bambini significa rinunciare alla superbia, alla sufficienza, riconoscere che, per imparare a camminare e perseverare nel cammino, da soli non possiamo nulla, ma abbiamo bisogno della grazia, del potere di Dio nostro Padre. Essere piccoli significa abbandonarsi come sanno abbandonarsi i bambini, credere come credono i bambini, pregare come pregano i bambini.
E tutte queste cose le impariamo nell’intimità con Maria. […] Poiché Maria è Madre, la sua devozione ci insegna a essere figli: ad amare sul serio, senza misura; a essere semplici, senza tutte le complicazioni che nascono dall’egoismo di pensare solamente a se stessi; ad essere allegri, sapendo che nulla può distruggere la nostra speranza. L’inizio del cammino che ha per termine l’amore folle per Gesù, è un fiducioso amore alla Madonna».

È questa la sconvolgente risposta di Gesù: per entrare nel Regno dei cieli la condizione indispensabile è il farsi piccoli e umili come bambini!
È chiaro che Gesù non vuole obbligare il cristiano a rimanere in una situazione di perpetuo infantilismo, di ignoranza soddisfatta, di insensibilità alle problematiche dei tempi. Tutt’altro! Però egli porta il bambino come modello per entrare nel Regno dei cieli per il valore simbolico che il fanciullo racchiude in sé.
Prima di tutto il bambino è innocente, e per entrare nel regno dei cieli il primo requisito è la vita di “grazia”, e cioè l’innocenza, mantenuta o riacquistata, l’esclusione del peccato, che è sempre un atto di orgoglio e di egoismo.
In secondo luogo, il bambino vive di fede, e di fiducia nei suoi genitori e si abbandona con totale disposizione a coloro che lo guidano e lo amano. Così il cristiano deve essere umile e abbandonarsi con totale fiducia a Cristo e alla Chiesa. Il gran pericolo, il gran nemico è sempre l’orgoglio, e Gesù insiste sulla virtù dell’umiltà, perché davanti all’infinito non si può essere che umili; l’umiltà è verità ed è anche segno di intelligenza e fonte di serenità.
Infine, il bambino si accontenta delle piccole cose, che bastano a renderlo felice; una piccola riuscita, un bel voto meritato, una lode ricevuta lo fanno esultare di gioia.
Per entrare nel Regno dei cieli bisogna avere sentimenti grandi, immensi, universali; ma bisogna sapersi accontentare delle piccole cose, degli impegni comandati dall’obbedienza, della volontà di Dio come si esprime nell’attimo che fugge, delle gioie quotidiane offerte dalla Provvidenza; bisogna fare di ogni lavoro, per quanto nascosto e modesto, un capolavoro di amore e di perfezione.
Bisogna convertirsi alla piccolezza per entrare nel regno dei cieli! Ricordiamo la geniale intuizione di Santa Teresa di Lisieux, quando meditò il versetto della Sacra Scrittura: “Se qualcuno è veramente piccolo, venga a me” (S. Teresa di Lisieux, Pr. 9,4). Scoprì che il senso della “piccolezza” era come un ascensore che più in fretta e più facilmente l’avrebbe portata alla vetta della santità: “Le tue braccia, o Gesù, sono l’ascensore che mi deve innalzare fino al cielo! Per questo io non ho affatto bisogno di diventare grande; bisogna anzi che rimanga piccola, che lo diventi sempre di più” (S. Teresa di Lisieux, Storia di un’anima, Manoscritto C, cap. X).
 

 
 

Buona domenica!

Ad un anno dalla canonizzazione ...

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Lettera Decretale di Papa FRANCESCO
sulla Canonizzazione equipollente
della BEATA ANGELA DA FOLIGNO

L’incontro con la figura di san Francesco e, finalmente, l’incontro col Cristo Crocifisso risveglia l’anima per la presenza di Dio, per il fatto che solo con Dio la vita diventa vera vita, perché diventa, nel dolore per il peccato, amore e gioia: così parla a noi santa Angela da Foligno.
Queste parole, che concludevano la catechesi del nostro venerato predecessore Benedetto XVI il 13 ottobre 2010, costituiscono un ponte ideale tra la vicenda di una donna vissuta nel Medio Evo e il cammino che il Popolo di Dio è continuamente chiamato a compiere nella sua storia. Infatti la vita, la spiritualità e la cultura di Angela da Foligno testimoniano con chiarezza e coerenza il valore assoluto e intramontabile della profonda comunione con Dio, che rende possibile l’incontro con tutte le creature come opera del Creatore. Ella visse costantemente alla presenza del Signore, per accogliere senza esitazioni la sua volontà.
Nata a Foligno intorno al 1248 da una famiglia benestante, Angela rimase presto orfana di padre e fu educata dalla madre in modo piuttosto superficiale. A poco piú di venti anni, andò sposa a un maggiorente folignate, da cui ebbe vari figli. Angela è una donna bella, seducente, passionale e intelligente; conduce un’esistenza mondana, dissipata, assapora ogni gioia della vita e non si cura della salvezza della sua anima. Varcata la soglia dei trent’anni, si verificarono alcuni eventi, come il violento terremoto del 1279, un impetuoso uragano, la lunga guerra contro Perugia, che la costrinsero a una presa di coscienza della sua vita e a una maggiore riflessione. Nel 1285, toccata dalla grazia e da un’apparizione di San Francesco d’Assisi, decise di cambiare vita: fece la confessione generale e intraprese un cammino di penitenza e di conversione. Sospinta inizialmente dalla paura dell’inferno e dalla necessità del pentimento, trasforma man mano la sua vita in un’ascesa continua verso la santità per la via della croce e dell’amore fino all’unione totale con la Trinità.
Tre anni dopo, la decisione di percorrere il cammino della perfezione evangelica divenne definitiva e radicale, favorita anche dalla morte, avvenuta in breve tempo, della mamma, del marito e dei figli. Rimasta sola, si sentì pienamente libera di aderire a Dio; perciò, come aveva già fatto il nobile folignate Pietro Crisci, vendette tutti i suoi beni, ne distribuì il ricavato ai poveri e nel 1291 entrò nel Terz’Ordine di San Francesco, affidandosi alla direzione spirituale del frate francescano fra Arnaldo, suo concittadino e consanguineo. Nello stesso anno compì un pellegrinaggio ad Assisi, durante il quale sperimentò speciali doni mistici.
Dopo un periodo di grande penitenza e austerità, la Terziaria francescana, attraverso un intenso cammino spirituale, venne condotta da Dio alle più alte vette dell’esperienza mistica, fino a sperimentare l’inabitazione nella sua anima della Santissima Trinità. Tutte queste cose si trovano riflesse nel cosiddetto Libro della Beata Angela, la cui prima parte è il Memoriale messo in latino dal suo confessore fra Arnaldo da Foligno. In esso viene raccolta l’esperienza interiore di Angela, a partire dal momento della sua conversione fino al 1296. Il Documento fu approvato da otto teologi dell’Ordine Francescano e più tardi anche dal cardinale Giacomo Colonna. La seconda parte del medesimo libro è costituita dalle Instructiones che Angela dava ai suoi discepoli.
Conclusa la stesura del Memoriale, sembra che ci sia stata una diminuzione delle esperienze mistiche; infatti, negli ultimi anni della sua vita, la Beata, imitando la Vergine Maria di cui era particolarmente devota, sviluppò una speciale maternità spirituale, che la rese particolarmente nota nel mondo francescano. Raccolse, infatti, intorno a sé numerosi discepoli, provenienti da varie parti d’Italia e anche dall’estero, pronti ad accoglierne gli insegnamenti e i consigli spirituali. In tale insegnamento merita particolare attenzione la prudenza che impiegò nel distogliere i “frati del libero spirito” e i “fraticelli” dall’intransigenza e dagli estremismi.
Ben nota è anche la grande opera di assistenza caritativa svolta da Angela da Foligno. Assistette, infatti, sull’esempio di Francesco, i lebbrosi nell’ospedale della sua città. In ognuno di loro vedeva la persona di Cristo. Gli ultimi momenti della sua vita sono narrati in un racconto particolareggiato, che è conosciuto con il titolo di De felici exitu beatae Angelae. La Beata si spense santamente a Foligno il 4 gennaio 1309, circondata dall’affetto e dalla venerazione dei suoi figli spirituali.
Come sono i Vangeli per Gesù, così per Angela da Foligno, la sola fonte obbligata per conoscere la sua vita è il suo Liber. Così le parole e i fatti riferiti da questo preziosissimo Documentodiventano i testimoni delle virtù della Beata, che rifulse anzitutto per la sua fede forte e luminosa, per la sua carità viva e ardente e per la sua speranza lieta e operosa. Molte volte nel Memoriale frate Arnaldo la chiama “fidelis Christi”, che significa sì la fedele di Cristo, ma soprattutto la “credente” che si affida totalmente al suo Signore, la convertita che vive con fede, gioia e fedeltà, colei che pone a fondamento della sua nuova esistenza la fede e l’amorosa unione con il Signore. Angela è la donna piena di fede, ma anche immagine “fedele” di Gesù Cristo e del suo stile di vita, espressione piena di quello che Dio voleva comunicare all’umanità al tempo di Angela, quindi profetessa nel senso più autentico della parola. Ai discepoli Angela insegna: «Si vis fidem, ora». A chi si apre alla verità e alla carità di Dio, la fede dà anche una forza straordinaria per affrontare ogni prova, compreso il martirio. Angela ha avuto questa forza arrivando a desiderare ardentemente – come confessa nel suo libro – una morte più spregevole di quella di Gesù Cristo. Ai suoi discepoli, che desiderano il dono della speranza, Angela prima consiglia di volgere lo sguardo verso Gesù Cristo crocifisso, che ha accettato le sofferenze della passione e l’esperienza dell’abbandono da parte del Padre, e poi li invita perentoriamente a invocare tale dono nella preghiera: “si vis spem, ora”. L’Eucaristia, la preghiera, la contemplazione e la partecipazione alla vita soprannaturale della Chiesa la introdussero sempre più profondamente nell’amore di Dio che le fa sentire la sua presenza e tiene vivo in lei il desiderio di essere disprezzata dal mondo e di condividere l’umiliazione della croce. Parlando dei doni divini e in particolare della carità, piena di stupore si rivolge a Dio con queste parole: «O Summum Esse, fac me dignam intelligere istud donum quod est supra omne donum; quia omnes angeli et omnes sancti non habent aliud videre, nisi te videre amatum et amare te et te contemplari. O donum quod est supra omne donum, quia tu ipse es et es amor. O Summum Bonum, dignasti nos facere te amorem cognoscere, et facis nos amare talem amorem». Angela in tante visioni, estasi e locuzioni afferma di sentirsi bruciare d’amore per il suo Signore. Quanto all’amore per il prossimo ella invita ad amare, quasi in un abbraccio cosmico, ogni creatura razionale e non razionale e presenta l’amore di Dio come il modello a cui ispirarsi. L’amore verso tutti è vivamente raccomandato da Angela ai suoi discepoli anche alla vigilia del suo beato transito dalla terra al cielo. Nessuno può essere escluso da questo Amore, perché tutti sono figli dello stesso Padre e perciò fratelli e sorelle fra loro. Angela vive l’amore verso il prossimo bisognoso in modo così radicale che vende tutti i suoi beni per distribuirne il cospicuo ricavato ai poveri, mettendosi poi a servire con squisita tenerezza i lebbrosi. Donna forte e sapiente, Angela si distacca dalle cose del mondo per aspirare con tutte le sue forze alle cose di lassù, dove Cristo si trova assiso alla destra del Padre (cf. Col. 3,1). Intuisce che la scelta radicale della povertà è la via indispensabile per arrivare alla croce di Cristo. Tra le virtù che Angela è andata progressivamente acquisendo nel suo lungo itinerario di conversione, la castità è forse quella che, insieme con la povertà, ha maggiormente richiesto tagli dolorosi e aspre battaglie. A trentasette anni, sotto l’azione dello Spirito, inizia un percorso esistenziale radicalmente nuovo, legandosi come sposa a Cristo, a cui un giorno promette castità perfetta con un sorprendente gesto di spoliazione. Dopo l’incontro con il Signore si lascia umilmente prendere per mano da lui e condurre come un bambino verso traguardi inimmaginabili. L’umiltà è descritta da lei come la matrice delle altre virtù. Persino la prima virtù, la carità (insieme a tutte le altre), nasce dalla radice dell’umiltà. Angela contempla la kenosis del Figlio di Dio “umanato” e “passionato”, e con frequenza ne parla e si sforza di percorrere la stessa strada.
Tutto ciò mostra che Angela si colloca tra le mistiche più insigni.
Viene considerata come colei che, attraverso le differenti vicende della vita e il quotidiano esercizio delle virtù cristiane, ha raggiunto l’apice della perfezione evangelica, divenendo profetessa e maestra della vera scienza di Cristo compendiata nel mistero della Croce.
La Folignate è perciò considerata modello di un nuovo modo di rapportarsi a Dio e di parlare di lui, facendo una teologia basata sulla Parola di Dio, sull’obbedienza alla Chiesa, sull’esperienza diretta del divino nelle sue manifestazioni più intime. Infatti il testo del Liber, non si allontana mai dal vissuto personale, interpretato alla luce della divina sapienza.
Lungo i secoli il Liber, scrigno della vita di Angela, è stato universalmente stimato come fonte di itinerari spirituali da vivere e trasmettere ben oltre lo spazio spirituale francescano; se ne ritrovano manoscritti nei conventi benedettini e cistercensi ed è stato oggetto di studio durante la devotio moderna, dove lei è definita magistra theologorum.
Questa fontana di spiritualità zampilla ancora. Ancora oggi infatti esiste a Foligno un cenacolo di preghiera e spiritualità che raccoglie iscritti da tutto il mondo che guardano con religiosa ammirazione ad Angela.
L’immagine poi di una donna come Angela, diventata madre spirituale di molti chierici, valorizza la figura e la missione femminile.
Il suo vissuto di fede, rimanendo fedele alla tradizione viva della Chiesa, mostra un itinerario sorprendentemente moderno: la capacità di Angela in vita di rivitalizzare il cuore credente, com’è successo per Ubertino da Casale nel 1298 e molti altri suoi discepoli, assicura che ancora oggi la sua intercessione celeste possa essere foriera di conversioni e trasformazioni del cuore.
La vita e l’esperienza di Angela da Foligno, pertanto, si presta a mille approfondimenti ed è ricca di tanti spunti da poter essere considerata una vera e propria miniera. Così pensavano anche coloro che, dopo la morte di Angela, ne perpetuarono la memoria e ne coltivarono piamente la devozione, che nel corso del tempo si consolidò al punto da diventare un vero culto pubblico. Spontaneamente le venne attribuito sia dalle autorità ecclesiastiche e civili sia dai fedeli il titolo di Beata o di Santa in considerazione della solida fama sanctitatis et signorum da essa goduta nella famiglia francescana e nelle Diocesi di Foligno, dell’Umbria e di altre parti della Chiesa. In considerazione di queste cose il 7 maggio 1701 il Sommo Pontefice Clemente XI concesse all’Ordine dei Frati Minori Conventuali e alla città e diocesi di Foligno la facoltà di recitare l’ufficio divino della Beata. Non molti anni dopo, il 20 dicembre 1766 il Papa Clemente XIII aggiungeva la facoltà di celebrare la Messa della Beata. Successivamente fu chiesto più volte a questa Sede Apostolica di procedere alla canonizzazione di Angela, il cui nome risuonava sempre più spesso sulle labbra dei pastori della Chiesa, dei teologi e dei fedeli. Il Beato Giovanni Paolo II il 20 giugno 1993, pellegrino a Foligno, presso la tomba di Angela, disse: “Grandi meraviglie ha compiuto in te il Signore. Noi oggi, con animo grato, contempliamo e adoriamo l’arcano mistero della Divina Misericordia che ti ha guidato sulla via della Croce fino alle vette dell’eroismo e della santità”.
In seguito alle recenti suppliche in favore di una canonizzazione equipollente da parte dell’intera Famiglia Francescana dell’8 dicembre 2012 e della Conferenza Episcopale Umbra del 10 dicembre dello stesso anno, Sua Santità Benedetto XVI, nell’udienza del 20 dicembre 2012 al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l’Em.mo Card. Angelo Amato, concesse di procedere in questa direzione. Preparata la Positio super Canonizatione aequipollenti, ed essendo ampiamente attestata l’eroicità delle virtù e la fama signorum dalla quale è sempre stata circondata, il caso fu esaminato con esito positivo prima dai Consultori Storici, poi dai Consultori Teologi e infine dai Padri Cardinali e Vescovi radunati nella Sessione Ordinaria del 24 settembre 2013, essendo Ponente della Causa l’Em.mo Card. Angelo Amato, Prefetto della suddetta Congregazione. Nell’udienza di oggi lo stesso Cardinale Amato Ci ha dettagliatamente informati sullo status quaestionis e sui voti concordi dei Padri della Sessione Ordinaria.
Quindi, omnibus mature perpensis et certa scientia, dopo aver invocato l’assistenza divina, abbiamo ratificato la sentenza della stessa Congregazione ed abbiamo stabilito che il culto tributato a questa degnissima sposa di Cristo e valorosa discepola di San Francesco d’Assisi, da oggi in poi sia esteso a tutta la Chiesa. Pertanto, per la gloria di Dio, l’esaltazione della fede e l’incremento della vita cristiana, in forza della nostra autorità apostolica, decernimus che Angela da Foligno, dell’Ordine Francescano Secolare, è santa e che, come tale, va iscritta nel catalogo dei Santi e va piamente onorata e invocata tra i Santi della Chiesa universale.
Vogliamo, infine, che questa Nostra decisione sia ferma, immutabile e irrevocabile e auspichiamo che sia accolta con gioia e gratitudine sia dai Pastori che dai fedeli della Chiesa, i quali, contemplando la luce che emana dalle virtù e dalla sapienza spirituale di Santa Angela da Foligno, si accendano sempre più di amore per la Santissima Trinità e per Cristo Crocifisso e, cantando le lodi di Dio, in comunione con i Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti gli altri cittadini del cielo, possano avanzare alacremente sulla via della santità.
Dato a Roma, presso San Pietro, nell’anno del Signore 2013, il giorno 9 ottobre, primo anno del Nostro Pontificato.
FRANCESCO

Un Abate della Bretagna

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In Bretagna, san Convoione, abate, che fondò a Redon il monastero di San Salvatore, dove, sotto la sua disciplina e seguendo la regola di san Benedetto, i monaci fiorirono insigni per pietà e, dopo la distruzione del cenobio ad opera dei Normanni, costruì presso Saint-Maixent-de-Plélan un nuovo monastero, ove morì ottuagenario. (MR)

"..in sogno..": Epifania del Signore.

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Sogno dei Magi
Chiesa di S. Mercuriale - Forlì


Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Cos’è un sogno? Un desiderio.
Voi avete un sogno?
Dio ha un sogno per noi?

La Parola di Dio ci propone tre sogni.

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.

Cioè sii luce, liberati da tutto ciò che è tenebra.
Noi non sogniamo di vincere per sempre il male?
Allora rivestiti di luce, parti da te, vinci prima il male che è in te, cerca con coraggio il bene.

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

Chi non desidera che Gesù sia amato da tutti?
Quante volte ci domandiamo perché Gesù non fa un miracolo e cancella il male del mondo, così che tutti i popoli adorino solo Lui?
Comincia da te!
Adora nel tuo cuore Gesù! Adora con tutta la tua vita Gesù.
Fai come i Magi:
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono
Fai entrare nella tua casa – il tuo cuore – Gesù, e in esso adoralo, perché poi dal quel cuore pieno di Gesù risplenda la luce … cioè rivestiti di luce!

le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

Chi non sogna un mondo rinnovato?
Un mondo dove tutti sono partecipi della stessa felicità e gioia.
Dove ogni uomo e ogni donna formino un’unità d’amore di Gesù, si sentano gli uni parte degli altri e non divisi.
Dove tutti gioiscono nel vivere la promessa di un mondo nuovo secondo il Vangelo.

Ecco il sogno che dobbiamo sperare!
Che dobbiamo alimentare e condividere.

Oggi, giorno dell’Epifania, la Chiesa ci fa celebrare la Giornata dell’Infanzia Missionaria.

Lo scorso 22 novembre papa Francesco incontrava i partecipanti al IV Convegno missionario nazionale. A loro diceva:

La Chiesa italiana ha dato numerosi sacerdoti e laici fidei donum, che scelgono di spendere la vita per edificare la Chiesa nelle periferie del mondo, tra i poveri e i lontani. Questo è un dono per la Chiesa universale e per i popoli.

Anche la nostra città ha dato tanti missionari, tanti ancora si spendono ancora oggi in mezzo a noi – nel nascondimento - per portare la speranza del Vangelo nelle periferie umane ed esistenziali.
Occorro altri missionari così! Tutti siamo missionari …

Il papa dice a ciascuno di noi:
Vi esorto a non lasciarvi rubare la speranza e il sogno di cambiare il mondo con il Vangelo, con il lievito del Vangelo, cominciando dalle periferie umane ed esistenziali.

Questa è la luce che cercano, seguano e incontrano i magi.
Questa è la strada che dobbiamo percorrere ritornando alle nostre case, a scuola, a lavoro … lì dove viviamo ogni girono.
Amen.

La "Marietta" del Brasile

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Nacque il 20 ottobre 1953 nel piccolo centro di Sítio Malhada da Areia, nel Rio Grande do Norte in Brasile. Sesta figlia di João Justo da Fé e Maria Lúcia, fin da piccola dimostrava grande religiosità. Dopo gli studi a Natal, curò il padre malato e, alla sua morte, Lindalva de Oliveira, a 33 anni, entrò nella Società delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli. Terminato il periodo di noviziato, venne inviata all'internato Dom Pedro II, a Salvador, Bahia, ricevendo il compito di coordinare un'infermeria con 40 anziani. La mattina del 9 aprile 1993, Venerdì Santo, partecipò alla Via Crucis. Di ritorno, servì la colazione agli anziani. Non aveva neanche iniziato il servizio che venne assassinata con 44 coltellate da Augusto Peixoto, uno dei pazienti.“Ho fatto ciò che dovevo fare perché non mi ha mai voluto”, dirà alla polizia che lo arresta. È stata dichiarata beata il 25 novembre 2007.

il martire Rolando

Mercoledì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

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non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano

Gesù non cerca clamore!
Egli è venuto in mezzo a noi scegliendo la via più semplice, l’incarnazione.
Egli doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo

Il regno di Dio avviene senza troppo rumore!
Segno di questo avvento del Regno è la guarigione della suocera di Pietro: Egli ci ama per primo perché noi imparassimo ad amare.
Egli si mette a servizio della sofferenza dell’uomo perché l’uomo impari a mettersi a servizio della sofferenza di ogni altro uomo in nome di Colui che l’ha servito per primo!

È questo il Regno della misericordia.
Certo la sua opera si divulga: Tutta la città era riunita davanti alla porta
Ma egli non si faceva bloccare, ne dal demonio e nemmeno dalla folla che lo cercava perché Egli era venuto per tutti e senza ricerca di clamore.
«Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».

Il Regno non cerca il clamore! Il Regno cerca operatori di misericordia! Il Regno cerca fraternità e attenzione per tutti! Il Regno cerca cuori contemplativi che vivono il loro amore mistico nell’amore fraterno!
Solo così scacceremo e vinceremo il male che soffoca l’esplosione del Regno dei Cieli.




Concludo con quattro richiami di santità di questa giornata:
beato Odorico da Pordenone, apostolo della Cina, un pensiero a questa terra;
beato Devasahayam (Lazaro) Pillai, laico martire in India, un pensiero alla libertà religioso e al dialogo tra le religioni;




beata Alfonsa Clerici, religiosa monzese, educatrice della gioventù, un pensiero alla nuove generazione perché incontrino il Dio della Misericordia e della fraternità;




san Giuseppe Vaz, missionario in Sri Lanka, canonizzato oggi da papa Francesco, un coraggioso nel nome del Vangelo, pioniere della nuova evangelizzazione che tradusse Vangelo nelle lingue tamil e cingalese, un pensiero alla nuova evangelizzazione e alla rievagelizazione.
A loro, segno di Cristo che si fece tutto simile ai fratelli,per diventare un sommo sacerdote misericordioso, affidiamo il cammino dell’umanità verso il compimento del Regno dei Cieli.
Amen.


Sant'Antonio abate

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cassa processionale di Sant’Antonio Abate
di Anton Maria Maragliano (XVIII secolo)
particolare


La vocazione di sant'Antonio . Dopo la morte dei genitori, lasciato solo con la sorella ancor molto piccola, Antonio, all'età di diciotto o vent'anni, si prese cura della casa e della sorella. Non erano ancora trascorsi sei mesi dalla morte dei genitori, quando un giorno, mentre si recava, com'era sua abitudine, alla celebrazione eucaristica, andava riflettendo sulla ragione che aveva indotto gli apostoli a seguire il Salvatore, dopo aver abbandonato ogni cosa. Richiamava alla mente quegli uomini, di cui si parla negli Atti degli Apostoli che, venduti i loro beni, ne portarono il ricavato ai piedi degli apostoli, perché venissero distribuiti ai poveri. Pensava inoltre quali e quanti erano i beni che essi speravano di conseguire in cielo.
Meditando su queste cose entrò in chiesa, proprio mentre si leggeva il vangelo e sentì che il Signore aveva detto a quel ricco: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi e avrai un tesoro nei cieli» (Mt 19, 21).
Allora Antonio, come se il racconto della vita dei santi gli fosse stato presentato dalla Provvidenza e quelle parole fossero state lette proprio per lui, uscì subito dalla chiesa, diede in dono agli abitanti del paese le proprietà che aveva ereditato dalla sua famiglia — possedeva infatti trecento campi molto fertili e ameni — perché non fossero motivo di affanno per sé e per la sorella. Vendette anche tutti i beni mobili e distribuì ai poveri la forte somma di denaro ricavata, riservandone solo una piccola parte per la sorella.
Partecipando un'altra volta all'assemblea liturgica, sentì le parole che il Signore dice nel vangelo: «Non vi angustiate per il domani» (Mt 6, 34). Non potendo resistere più a lungo, uscì di nuovo e donò anche ciò che gli era ancora rimasto. Affidò la sorella alle vergini consacrate a Dio e poi egli stesso si dedicò nei pressi della sua casa alla vita ascetica, e cominciò a condurre con fortezza una vita aspra, senza nulla concedere a se stesso.
Egli lavorava con le proprie mani: infatti aveva sentito proclamare: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3, 10). Con una parte del denaro guadagnato comperava il pane per sé, mentre il resto lo donava ai poveri.
Trascorreva molto tempo in preghiera, poiché aveva imparato che bisognava ritirarsi e pregare continuamente (cfr. 1 Ts 5, 17). Era così attento alla lettura, che non gli sfuggiva nulla di quanto era scritto, ma conservava nell'animo ogni cosa al punto che la memoria finì per sostituire i libri. Tutti gli abitanti del paese e gli uomini giusti, della cui bontà si valeva, scorgendo un tale uomo lo chiamavano amico di Dio e alcuni lo amavano come un figlio, altri come un fratello.

da: «Vita di sant'Antonio» scritta da sant'Atanasio, vescovo (Capp. 24; PG 26, 842-846)

I santi di Calcedonia

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acquaforte Antonio Banzo
XVIII - XIX secolo

Dio onnipotente ed eterno che per mezzo dei Santi concedi le grazie più singolari, degnati di esaudire le umili suppliche che Ti porgiamo per mezzo del glorioso martire Sostene, e per i suoi meriti dacci il tuo amore e la grazia di fare sempre ed in ogni cosa la tua santissima volontà. Amen.


Eufemia di Calcedonia
A Calcedonia in Bitinia, nell’odierna Turchia, santa Eufemia, vergine e martire, che sotto l’imperatore Diocleziano e il proconsole Prisco, superati per Cristo molti supplizi, giunse con strenuo combattimento alla corona di gloria. (MR 2001 - 16 settembre)
 
Sostene e Vittore di Calcedonia
Chalcedone sanctorum Martyrum Sosthenis et Victoris, qui, in persecutione Diocletiani, sub Asiae Proconsule Prisco, post vincula et bestias superatas, jussi sunt incendi; at illi, salutantesse invicem in osculo sancto, in oratione positi emiserunt spiritum. (MR 1956 - 10 settembre)

Messi alla prova ...

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Quindi lasciamo da parte il 'fino a quando?' e il 'fino a che punto?' e rimettiamoci al giudizio di Dio, che certamente sa disporre la durata del tempo secondo quel che è utile. Ascolta la Scrittura che dice: 'Dio mise alla prova Abramo' (Gen. 22, 1). Forse per poco tempo? Niente affatto, ma per molti anni e con molte prove; e quando lo vide perfetto nella fede, allora gli disse: 'Ora so che tu temi Dio e per me non hai risparmiato il tuo figlio diletto' (Gen. 22, 12). Mise ...alla prova anche Giobbe, in lotte ancor più grandi e per molti anni; e quando lo vide perfetto nella pazienza, gli rivolse queste parole: 'Non credere che ti abbia trattato così per altro motivo se non per farti apparire giusto' (Gb. 40, 8). Allo stesso modo, tutti gli altri profeti, i santi apostoli, i beati martiri e tutti i santi e i giusti, li ha messi alla prova attraverso molte tribolazioni e per molti anni, ha reso loro testimonianza e quindi li ha presi con sé. Perciò possiamo pensare lo stesso anche per noi.

(San Teodoro Studita, Piccole Catechesi, Catechesi 92)

San Felice Martire e Montepaone

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San Giusto Martire
patrono di Palermiti (CZ)


Venerato da secoli, «San Felice» è il patrono della Comunità cristiana di «Aurunco» prima di «Montepaone» poi. Il mezzobusto lo ritrae con il «Libro», l’«Aureola» e la «Palma» che del «Santo», iconograficamente, esaltano la «Sapienza», «la Fede» ed il «Martirio».
Ma chi è stato «San Felice»? La domanda è legittima e chiede – per la nostra esperienza di fede e la nostra pietà – una risposta scientificamente plausibile.
La lunga giogaia di colline che partendo da Squillace arrivano sino al fiume Allaro costituisce un’area geografica di esteso insediamento monastico, di tipo eremitico (la laura del Consolino/Stilo) è di tipo cenobitico, mentre le chiese pregano e celebrano col rito e la liturgia greco-bizantina.
L’Eparchia di Calabria ricade entro i confini dell’impero bizantino ed a partire dalla prima metà del VIII secolo (740) è sottoposta al patriarcato di Costantinopoli.
Ma è anche in questo periodo che scoppia sterminatrice e feroce la persecuzione «iconoclastica» che incendia e dissacra chiese, reliquie ed icone.
Ne difendono la teologia ed il culto i monaci, brutalmente costretti a fuggire portando con sé le Icone e le Reliquie.
La venerazione per i resti santi dei martiri durava ormai da quattro secoli. Ora trasmigrando sui litorali e colline di Calabria, la trasformano in una salmodiante ed ornante «tebaide».
Sono orientali o italo-greci i «santi» venerati nell’area della diocesi di Squillace: S. Agazio (Squillace), S. Gregorio (Stalettì), S. Pantaleone (Montauro), I Ss. Medici (Satriano), S. Sostene (S. Sostene), S. Andrea (S. Andrea sullo Ionio), S. Caterina V. e M. (S. Caterina sullo Ionio), S. Giovanni Theresti – S. Ambrogio – S. Nicolò (in Stilo), S. Nicola (Camini), I Ss. Medici (Riace), San Basilio M. (Placanica).
Da tempo antichissimo, a Montepaone ed a Gasperina, sono venerati S. Felice e S. Innocenzo, identici i motivi iconografici, Eguale – nel petto – la custodia delle loro «Reliquie», comune la loro storia.
La nostra personale convinzione, più che ipotesi, è che si tratta di santi orientali come i sopra menzionati per i luoghi vicini.
I nomi di Felice e di Innocenzo compaiono intano in alcuni «Sinassari bizantini» in uno dei quali abbiamo il racconto della scelta di vita di cinque giovani ateniesi, decisi a lasciare censo e rango sociale per farsi penitenti in Apollonia, un luogo solitario non molto lontano da Atene.
Siamo nel III secolo e nell’impero infuria cieca e disseminata la persecuzione ai cristiani.
Isaurico, Geremia, Pellegrino, Innocenzo e Felice – questi i nomi dei cinque giovani – sono raggiunti, riportati in città e sollecitati all’apostasia. Inutilmente. I giovani sono sottoposti al «martirio».
Mani pietose raccolsero i loro resti mortali, li custodirono e li venerarono.
Nell’ora, ancora oscura e terrificante, della persecuzione iconoclasta, monaci devoti li portarono con sé nelle nostre plaghe e crebbe rinnovato il culto il culto e proclamati «patroni» delle nostre comunità.
In questo clima di eroico ascetismo, in alto delle casupole di Aurunco, sorse prestigioso il Monastero greco di «San Nicola presso il Fiume» del quale avanzano ancora le mura e gli archi.
Ed ebbe luminosa vita se dalla sua ascesi emerse nel secolo il nostro santo Basilio Scamardì.  (Don Mario Squillace “1927 – 1992”, a cura di Mario Pitaro)
 
 
Questo quanto si legge in soverato.eu
La ricostruzione storica è intelligente, ma non collima con altri tradizioni locali, tra cui quella di Gasperina, dove è venerato Sant'Innocenzo, la cui fondazione è legata ad una grangia dei Certosini di Serra e non ai monaci basiliani. 
 
 
Difatti in questo paese il santo è raffigurato come diacono e la sua identificazione è con diacono di papa Sisto, secondo molti testi di storia dei culti santi in Calabria.
Detto questo la teoria intelligente non regge più.
 
 

San Felice martire
patrono di Montepaone (CZ)
 
Secondo il mio modesto parere il San Felice venerato a Montepaone è un martire romano, non bene identificabile, di cui le reliquie arrivarono nel paese jonico non certo dai monaci basiliani. Un culto simile è San Giusto a Palermiti, il cui busto richiama quello di Montepaone.
I culti di santi orientali nella costa jonica della Calabria, e in genere in tutta la costa jonica dell'Italia sono si legati alla fuga del monachesimo orientale, ma anche alla dominazione bizantina.
Poi perché venerare Innocenzo e Felice e non gli altri?
 
 

S. Innocenzo diacono martire
patrono di Gasperina (CZ)
 

"Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita" (Lc 21,19)

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Decreti 22 gennaio 2015

- il miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Teresa Casini, Fondatrice della Congregazione delle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù; nata a Frascati (Italia) il 27 ottobre 1864 e morta a Grottaferrata (Italia) il 3 aprile 1937;

- il martirio delle Serve di Dio Fidelia (al secolo: Dolores Oller Angelats) e 2 Compagne, Religiose professe dell'Istituto delle Suore di San Giuseppe di Gerona; uccise in odio alla Fede, tra il 26 e il 29 agosto 1936, durante la guerra civile spagnola;

- il martirio dei Servi di Dio Pio Heredia e 17 Compagni e Compagne, degli Ordini Cistercensi della Stretta Osservanza (Trappisti) e di San Bernardo; uccisi in odio alla Fede, nel 1936, durante la guerra civile spagnola;

- il martirio del Servo di Dio Tshimangadzo Samuele Benedetto Daswa (Bakali),Laico, ucciso in odio alla Fede, il 2 febbraio 1990, a Mbahe (Sud Africa);

- le virtù eroiche del Servo di Dio Ladislao Bukowiński, Sacerdote diocesano; nato a Berdyczów (Ucraina) il 22 dicembre 1904 e morto a Karaganda (Kazakhstan) il 3 dicembre 1974;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Luigi Schwartz, Sacerdote diocesano, Fondatore delle Congregazioni delle Suore di Maria e dei Fratelli di Cristo; nato a Washington, D.C. (Stati Uniti d'America) il 18 settembre 1930 e morto a Manila (Filippine) il 16 marzo 1992;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Cointa Jáuregui Osés, Monaca professa della Società di Maria Nostra Signora; nata a Falces (Spagna) l'8 febbraio 1875 e morta a San Sebastián (Spagna) il 17 gennaio 1954;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Teresa Gardi, Laica, del Terzo Ordine di San Francesco; nata ad Imola (Italia) il 22 ottobre 1769 ed ivi morta il 1° gennaio 1837;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Luigi Trelles y Noguerol, Laico, Fondatore dell'Adorazione Notturna in Spagna; nato a Viveiro (Spagna) il 20 agosto 1819 e morto a Zamora (Spagna) il 1° luglio 1891;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Elisabetta Maria Satoko Kitahara, Laica; nata a Tokyo (Giappone) il 22 agosto 1929 ed ivi morta il 23 gennaio 1958;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Virginia Blanco Tardío, Laica; nata a Cochabamba (Bolivia) il 18 aprile 1916 ed ivi morta il 23 luglio 1990.
 
 
In questa nuova sfornata di “pane fresco della santità cattolica” di sono ben 5 laici; poi 2 sacerdoti diocesani, il resto sono religiosi e religiose.

Tra questi, 23 sono prossimi beati, di cui 22 sono martiri del XX secolo. Interessante è la presenza di una venerabile giapponese, credo la prima, non martire tra i testimoni del Vangelo nella terra evangelizzata dal Saverio.


 
Merito di nota è anche il venerabile Ladislao Bukowiński, ucraino di nascita, ma è il primo venerabile in Kazakhstan. Altro testimone del Vangelo in questa terra - Karaganda (Kazakhstan) - è il prete fidei donum veronese Don Bernardo Antonini († 2002) dell’Istituto Gesù Sacerdote.
Tra i martiri ucraini beatificati nel 2001 ci sono però due kazachi: Nykyta Budka e Oleska Zarts’kyi, martiri in  Karaganda (Qaraghandy) tra 1949 e 1963.


 
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