La Sicilia mariana ci richiama e ora visitiamo il santuario interdiocesano della Beata Vergine Maria di Gulfi, che si trova a Chiaramonte Gulfi, in provincia di Ragusa.
Si trova in corrispondenza dell'antico sito del paese, allora chiamato Gulfi, distrutto nel 1299 da Ruggero di Lauria e ricostruito quindi nel sito attuale con il nome di Chiaramonte da Manfredi Chiaramonte, conte di Modica.
L’antico centro di Gulfi sembra sia stato eretto verso il IV secolo, e la chiesa, secondo la tradizione, fu visitata da San Gregorio Magno, prima di essere eletto pontefice, quando fece visita ai monasteri da lui fondati in Sicilia ovvero in quello di Bruscello e Vizzini. Nel 1550 vi fu fabbricato un conventino ad uso dei frati cappuccini ed in seguito vi si stabilirono, nel 1611 i padri Agostiniani. Nel 1644, per volere del Re Filippo IV, fu ordinato di celebrarsi un real novenario in onore della Beata Maria e in quell'occasione la Vergine fu rieletta Patrona (1550). La statua, attribuita alla scuola dei Gagini, fu arricchita nel 1775 da un piedistallo in argento sbalzato, in bronzo e dorato opera di Stagnitti da Messina.
Sancta Maria, Mater divinae gratiae, ora pro nobis
Preghiamo per le grazie nascoste e per i miracoli segreti.
Preghiamo chiedendo il desiderio della preghiera.
Preghiamo perché il nostro cuore sia come quello di Gesù: ecco la grazia da chiedere.
«Un parere medico è un parere medico, lo so bene, e vi sono anche i miracoli segreti. Ma, mentre rifiutiamo ogni giorno il miracolo della santità, il solo che dipende da noi, perché chiederemmo dei miracoli gratuiti? Bisogna senza dubbio che noi partecipiamo alla permanenza della passione di Cristo nel tempo. Fra questi uomini che incrocio per la vita, fra questi burocrati intorno che mi esasperano, fra questa mediocrità da cui io mi lascio mordere. Occorre che vi partecipiamo ben altrimenti che per mezzo di discorsi, di articoli o di slanci generosi. Io non so per chi lavora questo povero visino offuscato, questa piaga al nostro fianco per anni ed anni forse, questo povero destino sempre travagliato, sempre mortificato» (Emmanuel Mounier, 3 marzo 1940, a una sua amica).