In film interessante. Tra Vangelo e fantavangelo. Certo che: chi incontra Gesù non è più lo stesso!
Esce nelle sale il 17 marzo (2016) "Il risorto", l'epica storia della Resurrezione e delle settimane che la seguirono, attraverso gli occhi dell'incredulo Clavius (Fiennes), un tribuno militare di alto rango. Qui di seguito la recensione e il trailer in esclusiva per Avvenire.
Un uomo vaga stanco e assetato nel deserto della Galilea. Con sé non ha che mantello e bisaccia. Finalmente incontra una casa. Entra e trova da bere e da mangiare. Chi lo ospita fa presto a capire di non avere davanti un semplice viandante: ai piedi ha calzari da militare e al dito porta un anello che lo identifica come funzionario romano. Chi sei? da dove vieni? sono domande spontanee.
La risposta del viandante, in un flashback, proietta lo spettatore di Risorto ( Risen il titolo origina-le), nel mezzo di una battaglia fra una legione romana comandata da quello stesso viandante, il tribuno Clavio, e una roccaforte di zeloti che proteggono Barabba appena liberato in cambio di Gesù. Clavio manovra la sua macchina da guerra alla perfezione: conquista e uccide senza pietà.
Quando torna a Gerusalemme viene convocato da Pilato che ha ordinato la crocifissione di Gesù e ha tre problemi: placare la folla, che nei pressi delle tre croci subito fuori città comincia ad agitarsi per quell’agonia che ha del misterioso; placare il Sinedrio preoccupato che il corpo di Gesù venga fatto sparire dai seguaci per dire che è risorto; prevenire possibili rivolte contro Roma in nome di un fantomatico Re dei Giudei. Clavio irrompe sulla scena della crocifissione, resa con efficace realismo.
Per far tacere la folla e le donne in pianto in un clima che palesemente turba anche lui, decide di interrompere lo spettacolo. Fa spezzare le gambe ai due ladroni e sceglie, per rispetto, di far trafiggere Gesù. Poi affida il corpo a Giuseppe d’Arimatea presenziando alla sepoltura. Aiuta a rotolare la pietra. Fa mettere i sigilli e pone due soldati di guardia. La mattina del terzo giorno, però, il sepolcro viene trovato vuoto. Pilato è infuriato e ordina di ritrovare il corpo. Da qui parte l’inchiesta del tribuno Clavio, cuore del film, con perquisizioni, interrogatori, informatori prezzolati, retate, irruzioni nelle case, inseguimenti e persino refertazioni da polizia scientifica: il telo che ha avvolto Gesù, trovato nel sepolcro con la sua immagine impresa; le funi strappate che bloccavano la pietra; i sigilli fusi... Clavio è intelligente, ambizioso, esperto, usa con sapienza forza e psicologia. Tutti elementi che riportano alla più pura e incalzante fiction poliziesca di matrice americana.
Un uomo vaga stanco e assetato nel deserto della Galilea. Con sé non ha che mantello e bisaccia. Finalmente incontra una casa. Entra e trova da bere e da mangiare. Chi lo ospita fa presto a capire di non avere davanti un semplice viandante: ai piedi ha calzari da militare e al dito porta un anello che lo identifica come funzionario romano. Chi sei? da dove vieni? sono domande spontanee.
La risposta del viandante, in un flashback, proietta lo spettatore di Risorto ( Risen il titolo origina-le), nel mezzo di una battaglia fra una legione romana comandata da quello stesso viandante, il tribuno Clavio, e una roccaforte di zeloti che proteggono Barabba appena liberato in cambio di Gesù. Clavio manovra la sua macchina da guerra alla perfezione: conquista e uccide senza pietà.
Quando torna a Gerusalemme viene convocato da Pilato che ha ordinato la crocifissione di Gesù e ha tre problemi: placare la folla, che nei pressi delle tre croci subito fuori città comincia ad agitarsi per quell’agonia che ha del misterioso; placare il Sinedrio preoccupato che il corpo di Gesù venga fatto sparire dai seguaci per dire che è risorto; prevenire possibili rivolte contro Roma in nome di un fantomatico Re dei Giudei. Clavio irrompe sulla scena della crocifissione, resa con efficace realismo.
Per far tacere la folla e le donne in pianto in un clima che palesemente turba anche lui, decide di interrompere lo spettacolo. Fa spezzare le gambe ai due ladroni e sceglie, per rispetto, di far trafiggere Gesù. Poi affida il corpo a Giuseppe d’Arimatea presenziando alla sepoltura. Aiuta a rotolare la pietra. Fa mettere i sigilli e pone due soldati di guardia. La mattina del terzo giorno, però, il sepolcro viene trovato vuoto. Pilato è infuriato e ordina di ritrovare il corpo. Da qui parte l’inchiesta del tribuno Clavio, cuore del film, con perquisizioni, interrogatori, informatori prezzolati, retate, irruzioni nelle case, inseguimenti e persino refertazioni da polizia scientifica: il telo che ha avvolto Gesù, trovato nel sepolcro con la sua immagine impresa; le funi strappate che bloccavano la pietra; i sigilli fusi... Clavio è intelligente, ambizioso, esperto, usa con sapienza forza e psicologia. Tutti elementi che riportano alla più pura e incalzante fiction poliziesca di matrice americana.
Eppure risultano evidenti le tante, forse le troppe, citazioni dell’italianissimo film di Damiano Damiani L’inchiesta, in cui l’imperatore Tiberio manda a Gerusalemme un suo emissario per far luce sulla scomparsa del corpo di Gesù. Per certi aspetti Risorto ne è un vero e proprio remake, senza che però il regista Kevin Reynolds ( Robin Hood con Kevin Costner), il produttore Mickey Liddell e lo sceneggiatore Paul Aiello ritengano opportuno di ricordarlo. Presi, piuttosto, dalla necessità di sottolineare che si tratta di un film che ha lo scopo di raccontare l’impatto della resurrezione su uno scettico legionario, non per dire «in che cosa si deve credere», ma per fare in modo che «il pubblico torni indietro nel tempo e si chieda: 'Se fossi un ambizioso ufficiale romano potrei davvero ricredermi?'».
In ogni caso fin qui Joseph Fiennes ( Shakespeare in love) nel ruolo di Clavio è efficace, così come Peter Firth ( Caccia a Ottobre Rosso) nel suo Pilato totalmente accecato dal dovere di servizio a Cesare, e Tom Felton (Draco Malfoy in Harry Potter) che interpreta Lucio, aiutante di Clavio. Le ambientazioni sono state reperite fra Malta e Almeria, in Spagna, e spagnola è anche Maria Botto che, interrogata nei panni di Maria Maddalena, spalanca il cuore del Tribuno ai primi dubbi. Da questo momento in poi qualcosa cambia, nell’incedere del film. Con un colpo di scena, Clavio si trova davanti a quel Gesù che aveva visto morto sulla croce.
Ne è così sconvolto che l’indagine da ufficiale diventa personale e se nel noir dell’inchiesta il film si muoveva a suo agio, nella luminosità della Resurrezione sembra perdere qualche colpo, pur giungendo al cuore di tanto in tanto. Gesù ha i tratti di Cliff Curtis ( Rapa Nui), che non sempre calibra gesti ed espressioni, più simile (anche nei vestiti) all’icona di san Francesco giullare di Dio, che a quella del Risorto, così come il resto degli apostoli, che alla sua presenza sembrano rapiti da una troppo ingenua gioiosità in stile 'peace and love'. Deludono un poco anche i racconti di alcuni passaggi evangelici, come quello della pesca miracolosa con Gesù che attende sulla spiaggia, ai quali Reynolds non riesce a dare la necessaria impronta di misterico stupore.
Da qui in poi resta l’interpretazione di Fiennes e un paio di momenti in cui la fiction prende il sopravvento sul racconto evangelico, come nel dialogo fra Clavio e il Risorto nella notte stellata sulla scogliera: «Quando sei morto io c’ero. Ho partecipato». «Lo so... Di cosa hai paura, Clavio?». «Di scommettere la mia storia su tutto questo». E in effetti non si sa se Clavio ci scommetta fino in fondo. Ha lasciato tutto, ha seguito gli apostoli in Galilea, ma dopo l’Ascensione, nonostante l’invito di Pietro, non li segue a Gerusalemme, dove tornerebbe da disertore. Prosegue la sua strada nel deserto.
E alla fine del flashback, fine del film, all’uomo che ha ascoltato il suo racconto e che, stupito, gli chiede: «Tu credi davvero a tutto questo?», lui risponde pensoso, prima di riprendere il suo cammino fra cielo e sabbia: «Credo che non sono più lo stesso». Un finale aperto. Clavio non ha più la spada e con sé porta solo mantello e bisaccia, ha appena annunciato il kerigma, ma resta un investigatore in ricerca, prototipo di quella dubbiosa umanità contemporanea che il film mira a coinvolgere. (Roberto I. Zanini in Avvenire.it)
In ogni caso fin qui Joseph Fiennes ( Shakespeare in love) nel ruolo di Clavio è efficace, così come Peter Firth ( Caccia a Ottobre Rosso) nel suo Pilato totalmente accecato dal dovere di servizio a Cesare, e Tom Felton (Draco Malfoy in Harry Potter) che interpreta Lucio, aiutante di Clavio. Le ambientazioni sono state reperite fra Malta e Almeria, in Spagna, e spagnola è anche Maria Botto che, interrogata nei panni di Maria Maddalena, spalanca il cuore del Tribuno ai primi dubbi. Da questo momento in poi qualcosa cambia, nell’incedere del film. Con un colpo di scena, Clavio si trova davanti a quel Gesù che aveva visto morto sulla croce.
Ne è così sconvolto che l’indagine da ufficiale diventa personale e se nel noir dell’inchiesta il film si muoveva a suo agio, nella luminosità della Resurrezione sembra perdere qualche colpo, pur giungendo al cuore di tanto in tanto. Gesù ha i tratti di Cliff Curtis ( Rapa Nui), che non sempre calibra gesti ed espressioni, più simile (anche nei vestiti) all’icona di san Francesco giullare di Dio, che a quella del Risorto, così come il resto degli apostoli, che alla sua presenza sembrano rapiti da una troppo ingenua gioiosità in stile 'peace and love'. Deludono un poco anche i racconti di alcuni passaggi evangelici, come quello della pesca miracolosa con Gesù che attende sulla spiaggia, ai quali Reynolds non riesce a dare la necessaria impronta di misterico stupore.
Da qui in poi resta l’interpretazione di Fiennes e un paio di momenti in cui la fiction prende il sopravvento sul racconto evangelico, come nel dialogo fra Clavio e il Risorto nella notte stellata sulla scogliera: «Quando sei morto io c’ero. Ho partecipato». «Lo so... Di cosa hai paura, Clavio?». «Di scommettere la mia storia su tutto questo». E in effetti non si sa se Clavio ci scommetta fino in fondo. Ha lasciato tutto, ha seguito gli apostoli in Galilea, ma dopo l’Ascensione, nonostante l’invito di Pietro, non li segue a Gerusalemme, dove tornerebbe da disertore. Prosegue la sua strada nel deserto.
E alla fine del flashback, fine del film, all’uomo che ha ascoltato il suo racconto e che, stupito, gli chiede: «Tu credi davvero a tutto questo?», lui risponde pensoso, prima di riprendere il suo cammino fra cielo e sabbia: «Credo che non sono più lo stesso». Un finale aperto. Clavio non ha più la spada e con sé porta solo mantello e bisaccia, ha appena annunciato il kerigma, ma resta un investigatore in ricerca, prototipo di quella dubbiosa umanità contemporanea che il film mira a coinvolgere. (Roberto I. Zanini in Avvenire.it)
Il film Risen racconta l'epica storia della Resurrezione e delle settimane che la seguirono, attraverso gli occhi dell'incredulo Clavius (Fiennes), un tribuno militare di alto rango. Clavius e il suo aiutante Lucius (Felton) vengono istruiti da Ponzio Pilato per assicurarsi che i seguaci radicali di Gesù non rubino il suo corpo e in seguito dichiarino la sua risurrezione. Quando il corpo scompare nei giorni successivi, Clavius parte in missione alla ricerca del corpo perduto, per smentire le voci del Messia risorto ed evitare una rivolta a Gerusalemme.(Repubblica.it)
La visita dell'imperatore Tiberio a Gerusalemme è alle porte e Ponzio Pilato ordina al tribuno militare Clavio di accertarsi che quel tale Yeshua che fa proseliti, spacciandosi per un re, sia messo a morte e che il suo cadavere sia sorvegliato per mettere a tacere le assurde voci di una sua possibile resurrezione. Ma il cadavere sparisce e Clavio avvia un'indagine che mette progressivamente in dubbio le sue certezze di scettico e si fa ad un certo punto ricerca di altro genere, interrogativo che gli cambia la vita.
L'idea di approcciare il mistero della resurrezione di Cristo come un'indagine poliziesca non è nuova, a metà degli anni Ottanta Damiano Damiani ci aveva costruito L'inchiesta, da un'idea (geniale, al solito) di Ennio Flaiano, e la letteratura sull'argomento che coniuga saggismo e narrativa non ha mai smesso di esistere. Le cose non cominciano però nel migliore dei modi quando il film di Kevin Reynolds si apre su un Joseph Fiennes bruciato dal sole e scortato da una musica dalle sonorità western, perché è subito chiaro che gli strumenti del cinema potrebbe venire qui impiegati in una maniera che serve più lo spettacolo che altro. E così è, sempre più, man mano che assistiamo alle magiche apparizioni e alla sparizioni di Gesù, quasi fossimo in un film di Méliès: un espediente che nuoce al film anche sul piano tematico, sostituendo il salto nel buio di Clavio con il deus ex machina dell'artificio tecnico. Se, infatti, nel film di Damiani, l'immagine corporea di Cristo non appariva mai, ribadendo con la sua assenza la permanenza di un mistero che dura a tutt'oggi, e permettendo che i lebbrosi scambiassero l'inquirente per Cristo stesso, il film di Reynolds gioca con carte più scoperte e modi ben più banali, riducendo lo scettico Clavio ad un ultimo fra gli ultimi e dunque ad una figura a suo modo cristologica, ma anche al beneficiario finale del tocco di incoraggiamento sulla spalla che il maori Cliff Curtis elargisce ai suoi ilari discepoli e della sua capacità di leggere nella mente.
Fino a dove l'inquisizione è faccenda storica e garbuglio politico, il film riscuote un certo tipo di interesse e, nonostante qualche scenografia troppo fasulla e qualche inutile bozzetto (il governatore Pilato che si lava le mani), ci accodiamo al cavallo di Clavio/Fiennes e lo seguiamo fino a che l'equilibrio tra la presenza del tribuno romano, frutto d'invenzione, e il racconto delle Scritture regge. La seconda parte, però, inaugura l'uso più strumentale e inverosimile della narrazione evangelica per raccontare la scelta di Clavio, mescolando generi e toni e perdendo in qualità e serietà. (Marianna Cappi in MyMovies.it)
L'idea di approcciare il mistero della resurrezione di Cristo come un'indagine poliziesca non è nuova, a metà degli anni Ottanta Damiano Damiani ci aveva costruito L'inchiesta, da un'idea (geniale, al solito) di Ennio Flaiano, e la letteratura sull'argomento che coniuga saggismo e narrativa non ha mai smesso di esistere. Le cose non cominciano però nel migliore dei modi quando il film di Kevin Reynolds si apre su un Joseph Fiennes bruciato dal sole e scortato da una musica dalle sonorità western, perché è subito chiaro che gli strumenti del cinema potrebbe venire qui impiegati in una maniera che serve più lo spettacolo che altro. E così è, sempre più, man mano che assistiamo alle magiche apparizioni e alla sparizioni di Gesù, quasi fossimo in un film di Méliès: un espediente che nuoce al film anche sul piano tematico, sostituendo il salto nel buio di Clavio con il deus ex machina dell'artificio tecnico. Se, infatti, nel film di Damiani, l'immagine corporea di Cristo non appariva mai, ribadendo con la sua assenza la permanenza di un mistero che dura a tutt'oggi, e permettendo che i lebbrosi scambiassero l'inquirente per Cristo stesso, il film di Reynolds gioca con carte più scoperte e modi ben più banali, riducendo lo scettico Clavio ad un ultimo fra gli ultimi e dunque ad una figura a suo modo cristologica, ma anche al beneficiario finale del tocco di incoraggiamento sulla spalla che il maori Cliff Curtis elargisce ai suoi ilari discepoli e della sua capacità di leggere nella mente.
Fino a dove l'inquisizione è faccenda storica e garbuglio politico, il film riscuote un certo tipo di interesse e, nonostante qualche scenografia troppo fasulla e qualche inutile bozzetto (il governatore Pilato che si lava le mani), ci accodiamo al cavallo di Clavio/Fiennes e lo seguiamo fino a che l'equilibrio tra la presenza del tribuno romano, frutto d'invenzione, e il racconto delle Scritture regge. La seconda parte, però, inaugura l'uso più strumentale e inverosimile della narrazione evangelica per raccontare la scelta di Clavio, mescolando generi e toni e perdendo in qualità e serietà. (Marianna Cappi in MyMovies.it)
Giudizi in Cineblog.it
Bilge Ebiri - New York Magazine / Vulture: presenta un approccio intrigante per un film sulla Bibbia.
Kate Taylor - Globe and Mail: Il film presenta un rigoglioso contesto storico e alcune scene d'azione soddisfacenti, ma il dialogo è spesso ridicolo. Voto: 1/4
Kate Taylor - Globe and Mail: Il film presenta un rigoglioso contesto storico e alcune scene d'azione soddisfacenti, ma il dialogo è spesso ridicolo. Voto: 1/4
Christian Holub - Entertainment Weekly: il più divertente delle solite storie bibliche. Voto: B-
Kyle Smith - New York Post: Un affare a basso quoziente intellettivo. Voto: 1.5 / 4
Colin Covert - Minneapolis Star Tribune: che bella sorpresa è stata guardare una storia biblica meno predicatoria, meno formale e più divertente. Voto: 3/4
Soren Anderson - Seattle Times: Joseph Fiennes è superbo, ritrae un uomo lentamente trasformato da eventi che scuotono le sue credenze sul mondo. Voto: 3.5 / 4
Francesco Alò - Il Messaggero: Si può realizzare un film di propaganda religiosa senza l’insopportabile protervia di Mel Gibson? Sì se alla regia chiami Kevin Reynolds (Spielberg lo definì “il nuovo Kubrick” quando gli produsse l’esordio Fandango) e come protagonista Joseph Fiennes, abile dopo Martin Lutero e Shakespeare a vestire i sandali impolverati del tribuno romano Clavio.
Maurizio Acerbi - il Giornale: (…) Rispetto al più riuscito L’inchiesta di Damiano Damiani, qui siamo dalle parti del fumettone religioso, banale e poco coinvolgente.
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa: (…) Reynolds, che è l’autore di Robin Hood e Waterworld, è un cineasta ben poco credibile quando tenta affondi spiritualistici. Così finisce che il film resta insoddisfacente sia sul fronte spettacolare che su quello drammatico.
Paolo D’Agostini - la Repubblica: (...) La “storia”, come sappiamo, è più che appassionante. E il film sollecita nostalgie per i polpettoni biblici degli anni 50 e 60 puntualmente sugli schermi a Pasqua.